Per parlare di marketing nell’ambito della permacultura e della transizione, un discorso che abbiamo avviato con il post precedente, occorre definire che cosa significa per un’azienda affrontare la sostenibilità e capire che questa è proprio il punto di forza della proposta.
L’attività economica deve essere capace di arricchire, ma di non consumare, questo, come noto, è il principio-chiave della sostenibilità. Chi ha un business verde è responsabile non solo dei suoi affari, ma di come questi affari incidano sull’ambiente e sulla società. Questo può essere motivato da scelte morali: “Credo che solo così sia giusto fare affari, per questo ho una politica verde.” Ma ci può essere anche una scelta di convenienza: “Sono verde perché sempre più clienti vogliono prodotti sostenibili.” La scommessa è dunque quella di tenere insieme sostenibilità (valori) e affari (interessi), e il marketing serve a questo. Ma serve un marketing nuovo.
Per affrontare le sfide dei nuovi bisogni e dei grandi cambiamenti sociali, il marketing ha bisogno di innovarsi profondamente: anche il marketing, nato nella società dei consumi e della produzione, ha bisogno di trovare nuove strade per porsi all’altezza delle nuove sfide. Questo obiettivo si raggiunge innovando il proprio strumentario, attraverso nuove scelte disciplinari e operative, scelte che oggi non rappresentano delle innovazioni straordinarie, ma che già sono pratiche di successo.
La relazione, la comunità, le tribù
Il problema del marketing non è più vendere a un cliente sempre più stanco di comunicazione stupida e di messaggi invasivi. Il problema è quello di costruire con il cliente un rapporto a lungo termine.
La scommessa delle imprese, di fronte a un cliente sempre più competente e smaliziato – e sempre più aggredito da comunicazioni commerciali – è instaurare con lui un rapporto paritario e a lungo termine. Il marketing relazionale prevede proprio che l’offerta sia capace di comunicare con la domanda in un flusso continuo di rapporti, sia davvero capace di ascoltare, di mettersi in gioco, di confrontarsi, di mutare in relazione ai cambiamenti del cliente.
E’ con questi clienti che bisogna relazionarsi, puntando non a offrire una volta sola un servizio che piaccia, ma anzi mettendo in atto politiche di relazione nel lungo tempo, che mirino a soddisfare bisogni sempre più raffinati e specifici, bisogni per questo anche più personali, più “su misura”. Per fare questo, la strada è quella della comunicazione costante, non episodica, che si struttura “con il cliente” e non si rivolge semplicemente “al cliente”. Con un passaggio che oramai è sempre più visibile: la comunicazione avviene su iniziativa del cliente, con contenuti che lui direttamente produce. E’ ovvio che questo passaggio è reso possibile da Internet, che ha consentito di mettere in contatto diretto consumatori e organizzazioni e che può far dialogare in modo continuativo i due soggetti.
Sempre di più si diffondono infatti le comunità on line, che si basano prepotentemente sui social network, configurando nuovi modi di vivere la socialità fatti di scambi continui che mettono in circolo idee e conversazioni, documenti e chiacchiere, opinioni e sondaggi in un mix senza pause. Un ambiente in cui chi fa marketing non può non partecipare, da un lato ascoltando, comprendendo trend e mode, ricavando informazioni e conoscenze, dall’altra interagendo, fornendo a sua volta elementi di discussione e informazioni, servizi e contributi. Nel nuovo mondo della rete sociale non c’è più chi comunica e chi ascolta, ma un intreccio di comunicatori che definiscono il senso della realtà.
Dal cliente passivo al prosumer
Ma dal marketing relazionale il passaggio ulteriore è quello del coinvolgimento del cliente nella produzione stessa dell’offerta. E’ questa una tendenza ancora più decisiva e importante, perché la personalizzazione, che è l’obiettivo del marketing, in questo caso prevede un ruolo attivo del cliente che diventa co-autore del prodotto, non semplice fruitore (in inglese di parla di “pro-sumer”, mix tra “producer” e “consumer”). Come sempre è osservando il mondo dei giovani che queste tendenze si vedono meglio: i ragazzi amano modificare i prodotti che acquistano, aggiungendo gadget, disegni, accessori ai vestiti, ai telefonini, ai diari; ogni oggetto da loro indossato, portato, guidato, utilizzato deve rappresentare la loro personalità, il loro look, le loro scelte. Il consumo giovanile non è semplice adeguamento alla moda, come certa opinione tende a accreditare, non succube comportamento adeguato alle politiche di marca, ma volontà di espressione e di comunicazione.
Il marketing dell’esperienza
Un altro trend che ci sembra utile affrontare è quello del marketing esperenziale. Secondo questa teoria, quello che il cliente vuole non è un prodotto da utilizzare per la sua utilità, come voleva l’economia classica, né un beneficio che gli risolva un problema soggettivo, come vuole il marketing tradizionale. Il cliente è alla ricerca di “esperienze”. Obiettivo del marketing è cioè quello non solo di offrire benefici sul piano dell’utilizzo, ma anche della complessiva “esperienza”; il cliente/utente cioè valuterà la sua soddisfazione sulla complessiva esperienza vissuta, e sulla memoria che avrà di essa.
Le esperienze sono attività uniche e irripetibili: non possono esistere due esperienze identiche. Il responsabile del marketing esperenziale deve chiedersi quali tipi di esperienza deve fornire agli individui e in che modo stimolarle continuando ad attirare la loro attenzione. Compito del marketing sarà dunque pianificare l’offerta in modo da presentare le esperienze in modo attraente e vicino agli interessi del cliente, e poi soddisfare l’aspettativa e far memorizzare come piacevoli tali esperienze, consentendo il loro ricordo e la loro narrazione.
La centralità dell’etica
Un’altra tendenza, che ci conforta profondamente, è la centralità dell’etica nel consumo. Rispetto a un’idea del marketing come spietata tecnica per convincere l’ignaro consumatore a comprare ciò di cui non ha reale bisogno, parlare di etica può sembrare l’ultimo cinico trucco. Eppure è indiscutibile che sul mercato ci sia una richiesta di autenticità, di rispetto, di qualità relazionale, di integrità e il marketing, se vuole far bene il suo lavoro, deve tener conto di questo. Questo è appunto il caso della richiesta di un consumo compatibile dal punto di vista ambientale, richiesta che è sempre più forte.
Questo porta molte aziende a promuovere prodotti spacciati per “verdi” (è quello che viene definito greenwashing, ripulitura ecologica di proposte senza innovazioni), ma porta anche molte organizzazioni a rivedere la propria offerta perché sia effettivamente di impatto ambientale minimo o inesistente, molte aziende a innovare i propri processi produttivi nella direzione della compatibilità, molti operatori a rivedere le proprie opinioni e le proprie prassi verso le sostenibilità ambientali. Conseguentemente si sviluppano teorie e metodi di promozione che partono proprio dall’esigenza morale di contribuire a creare un mondo migliore e non consumare quello che abbiamo, teorie che si affermano come green marketing.
Si vanno infine affermando anche modelli teorici che propongono un modello di consumo e di vita diverso da quello appunto “consumista”, basato sulla lentezza, sul rispetto relazionale, sulla conservazione, sul piacere della meditazione e della conversazione. Cioè sulla trasformazione.
Un altro marketing è possibile, ed è il nostro obiettivo.
Quindi le aziende che vivono nel mondo della permacultura hanno tutte le carte per vincere la sfida della competizione. Sono aziende etiche, profondamente fondate su principi e valori forti, che sono legati a scelte di vita. Sono aziende che hanno un forte legame valoriale con i propri clienti, attuali e futuri: è a loro che bisogna rivolgersi e con loro occorre costruire un processo di relazione a lunga scadenza. Sono aziende che non promettono un prodotto miracoloso, ma che puntano a offrire al cliente un’esperienza gratificante: consuma, ma senza consumare risorse, utilizza ma senza procurare danni, sii fedele a te stesso, anche usando prodotti e servizi che ti assomigliano.
Il successo dell’azienda e la trasformazione del mondo sono obiettivi compatibili. Di questo il marketing verde si deve occupare.