L’Iperico (Hypericum perforatum) o Erba di S. Giovanni è una delle piante che mi accompagnano da sempre, ed è anche una delle mie preferite. Forse perché tutto in lui grida “Sole!”: i suoi fiori dorati, il fatto che fiorisce in concomitanza con il Solstizio d’Estate (21 giugno, il giorno più lungo dell’anno), che cura le bruciature solari e non, e che tinge di rosso. E’ addirittura un anti depressivo, come se avesse catturato il potere vitale dei raggi di sole e li restituisse a chi lo usa.

Ma andiamo con ordine: l’Iperico, del quale abbiamo magnifiche rappresentazioni negli erbari medievali, era conosciuto ancora prima in Grecia fin dal Corpus Hippocraricum (V sec. a. C. insomma), da dove il suo nome proviene, forse da yper “sopra” e eikon “immagine, simulacro, sembianza, fantasma”, forse perché veniva usato per ornare le immagini sacre, o perché era creduto in grado di cacciare presenze maligne.
Perforatum si riferisce al fatto che le foglie se guardate in controluce presentano alcune ghiandole translucide, mentre sul bordo sono nere. I suoi fiori gialli a cinque petali si aprono nei giorni più lunghi dell’anno, e forse anche per questo con l’avvento del cristianesimo è diventata una delle erbe magiche della notte di S.Giovanni Battista, la notte che precede il 24 giugno, quando secondo le credenze popolari le streghe ballano in cerchio e bisogna accendere i falò, rendendo luminosa anche la breve notte estiva, già rischiarata dalle lucciole.
L’Iperico, che era detto anche Cacciadiavoli, serviva per difendere gli uomini in questa notte magica e pericolosa. Mio nonno diceva che bisognava fare tre capriole nell’erba bagnata prima dell’alba per mantenersi sani e in forze, e mia nonna che bisognava lavarsi il viso con la rugiada per conservare la bellezza e la salute. Una variante di questa tradizione è l’acqua di S. Giovanni: in una ciotola di acqua di fonte si mette un mazzetto delle erbe tipiche di questo periodo, la composizione varia da regione a regione, addirittura da persona a persona, ma le più frequenti sono l’Iperico, la Lavanda, la Camomilla, il Rosmarino, la Salvia, l’Artemisia, la Menta, la Verbena, la Ruta, il Finocchietto, l’Erba di S.Pietro (Balsamita major) ecc.

Si lascia l’acqua esposta durante tutta la notte di S. Giovanni e al mattino, quando ha catturato tutto il profumo delle erbe e i magici influssi della notte, si usa per lavarsi il viso e le mani. Sicché non solo il fuoco ma anche l’acqua hanno proprietà particolari in questa notte, ma ce lo potremmo aspettare essendo la notte del Battista, stranamente però si festeggia la sua nascita, non il martirio come per tutti gli altri santi, così come al Solstizio d’Inverno (esattamente metà anno dopo) si celebra la nascita di Gesù; la collocazione di queste feste secondo alcuni studiosi sarebbe dovuta ad una sovrapposizione con precedenti feste pagane che il cristianesimo non era riuscito a sradicare, e per tanto vennero inglobate nel calendario liturgico, ed in effetti sono arrivate fino ai giorni nostri usanze legate ad esse, che di cristiano hanno giusto una verniciatura superficiale (dai falò di S. Giovanni all’albero di Natale).
E poi c’è il fatto che l’Iperico tinge di rosso sia i grassi che le preparazioni alcoliche, grazie all’ipericina, uno dei suoi principi attivi. L’olio d’Iperico o di S. Giovanni si prepara mettendo a macerare in un barattolo le sommità fiorite fresche raccolte il giorno di S. Giovanni a mezzogiorno, coperte di olio d’oliva (questa è la ricetta tradizionale, ma viene bene usando anche altri oli).

Si lascia al sole per un mese, trascorso il quale l’olio, che dovrebbe diventare color rubino, va filtrato; non sempre però accade e dopo anni non sono ancora riuscita a capire il perché di questa trasformazione che ha qualcosa di alchemico. Forse dipende dal tempo balsamico (il periodo dell’anno in cui una data pianta ha la maggiore quantità di principi attivi, e dunque il momento in cui è più utile raccoglierla) che essendo influenzato da vari fattori (terreno, temperatura, precipitazioni, esposizione al sole) varia necessariamente di anno in anno e da pianta a pianta, tuttavia secondo le credenze popolari il giorno di S. Giovanni è il giorno migliore per raccogliere le erbe officinali, che avrebbero maggior potenza guaritiva, e questo è stato confermato dalla scienza moderna che ha individuato il periodo balsamico delle erbe di S. Giovanni proprio in quei giorni.

Ho anche sentito dire che l’olio d’Iperico non dovrebbe mai “vedere la luna” e che quindi bisognerebbe portarlo al coperto di notte, mentre altri aggiungono all’olio del vino bianco. Bisogna anche dire che spesso purtroppo negli ultimi anni l’Iperico a fine giugno è già sfiorito, surriscaldamento globale?
Quest’olio si può usare puro su ustioni solari e non, eritemi e arrossamenti per calmare il bruciore e favorire una rapida guarigione, è cicatrizzante e antiinfiammatorio e quindi adatto per le piccole ferite, i tagli, le punture d’insetto. Da ragazzina quando ogni anno puntualmente mi bruciavo durante i primi giorni di mare era mia madre che mi somministrava l’unzione d’Iperico, facendomi sentire un arrosto pronto da infornare ma anche un certo sollievo.
Mischiandolo con cera d’api se ne può fare un unguento dalle identiche proprietà.

L’Iperico rende immediatamente rosso l’alcool, sicché la tintura madre è cremisi, mentre grappe e liquori diventano rosei (e sono dei buoni digestivi). Ed è proprio la tintura madre che può essere impiegata come antidepressivo, tra l’altro senza i pesanti effetti collaterali che simili farmaci di sintesi portano a volte con sé (va comunque assunto a questo fine su prescrizione di uno specialista).

Due anni fa, manco a dirlo una delle estati più calde degli ultimi anni, durante la vendemmia in Francia mi sono bruciata malamente la schiena, ma fra i vigneti ho visto vari fiori d’Iperico, che lì è detto Millepertuis “millebuchi”, come le mogli dei vignaioli mi hanno detto, così finito il lavoro ne ho raccolto un mazzetto, c’ho versato sopra acqua bollente e con l’infuso freddo ho fatto impacchi sulla pelle che mi hanno aiutato a continuare a lavorare nei giorni seguenti (senza andare a fuoco).
Insomma l’impressione che ho io è che l’Iperico conservi qualcosa del sole nel suo massimo splendore, qualcosa che illumina e non brucia, scioglie ma non surriscalda, un calore dolce ma deciso, un dono del solstizio per ricordare e beneficiare di quella luce anche quanto nel cielo si affievolisce.