Modularità: perché e come
Ciao!
Eccoci arrivati alla Seconda Puntata della nostra serie di articoli!
Per orientarci, ricapitoliamo l’indice:
1. Orti Modulari e Policolture Ortive – Introduzione
2. Orti Modulari e Policolture Ortive – Modularità: perché e come
3. Orti Modulari e Policolture Ortive – Policoltura: valore strategico
4. Orti Modulari e Policolture Ortive – Come gestire i moduli
5. Orti Modulari e Policolture Ortive – Domande frequenti e intervista di approfondimento
Quello che stai leggendo è l’articolo 2. Orti Modulari e Policolture Ortive – Modularità: perché e come
Entriamo qui nel merito della Modularità.
“Pensa globale e agisci locale” è uno dei principi progettuali che la Permacultura ci suggerisce di utilizzare nel corso delle nostre progettazioni; la modularità è un modo per dare concretezza e gestibilità alla nostra “azione locale”.
Il progetto complessivo potrà essere grande o piccolo, molto complesso o piuttosto semplice, non fa differenza!
Organizzare modularmente il nostro orto è molto semplice: si tratta di individuarne le parti costituenti e farne delle piccole aiuole, che potremo gestire anche singolarmente nei tempi e nei modi che le nostre energie ci permetteranno, lasciando le altre semplicemente a sé stesse finché non avremo di nuovo il tempo e le energie (acqua compresa, ad esempio….) per occuparcene.
Perché questo tipo di attenzione modulare può essere importante?
Nel corso degli anni ho visto molti bellissimi orti progettati e realizzati con grande entusiasmo, che nei primi anni sono stati curati al centimetro, per poi essere abbandonati a causa sia della difficoltà di gestire le sfide colturali che la Natura sempre ci propone nel tempo, sia perché il grande slancio iniziale è andato man mano scemando, e l’orto è all’improvviso diventato troppo grande, o troppo impegnativo, oppure ancora perché una serie di operazioni dipendevano da risorse che a un certo punto non sono più state disponibili.
Ci sono passata anch’io, ed è proprio da questa esperienza che ho imparato a condurre i miei sistemi ortivi con un approccio modulare: un modulo alla volta è molto più semplice di un intero orto!
Cosa intendo col termine “modulo”?
Col termine “modulo” intendo una delle tante unità organiche che costituiscono il nostro biosistema ortivo, geograficamente e morfologicamente distinguibile da ogni altra, e fatta apposta per poter essere coltivata o lasciata a sé stessa senza compromettere il resto.
Nell’immagine in copertina, una parte di uno degli orti che gestisco modularmente e in policoltura permanente; ogni “modulo” è qui costituito da un bancale rialzato, separato dagli altri attraverso camminamenti e piccoli salti di livello scanditi da grosse rocce. In questa foto tutti i moduli visibili sono “in coltura”, per questo i confini non si vedono un granchè: la vegetazione li copre.
In questo caso, essendo i moduli anche policolturali (parleremo della Policoltura nel prossimo articolo, il 3° della serie), speci perenni e annuali convivono, come pure erbacee, arbustive e arboree, anche selvatiche.
Nella mia esperienza, le forme modulari più efficienti sono state il bancale rialzato (variamente interpretabile: aiuola a cumulo, aiuola circolare, bancale sinergico, hugelkultur, ecc.), il cassone e il piccolo terrazzamento.
Questo perché le discontinuità di livello e/o materiali rispetto alla linea del suolo, rendono molto più facile l’individuazione e la gestione separata delle aree, oltre che proprio un comportamento diverso nei confronti delle ricolonizzazioni selvatiche, fenomeno da inserire nelle progettazioni modulari proprio perché l’intento è di integrarle con la conduzione operativa.
I camminamenti sono una delle forme di discontinuità possibile, magari affiancate da siepature (piccole e grandi).
Una coltura a suolo piano, in cui non sussistano discontinuità tra un’area e l’altra, è molto più difficile da gestire modularmente.
Come avrete capito, il concetto di “modularità” non è nuovo; in questa serie di articoli mi limito a metterlo a fuoco ed evidenziarne l’utilità nelle fasi di progettazione e in quelle di realizzazione e conduzione, soprattutto in chiave di facilitazione gestionale, laddove si ritiene che possa essere utile.
Pensare un biosistema ortivo anche con un approccio di gestione modulare ci permette di ottimizzare spazi angusti realizzandovi piccole aiuole ad hoc, e allestire allo scopo spazi anche ampi che poi potranno essere flessibilmente utilizzati di volta in volta solo in parti.
Quanto deve essere grande ogni modulo?
Per quanto riguarda il dimensionamento, non ci sono limiti alla piccolezza di un modulo: anche un angolo con dentro una solo pianta può costituire un modulo.
Alla grandezza, invece, conviene mettere limiti, proprio per valorizzarne la funzionalità gestionale. La grandezza ottimale è quella che mi permette di gestire anche l’operazione più complessa, sull’intero modulo in non più di un’ora, così sono sicura, se ho un ritaglio di tempo di un’ora, di poter iniziare e completare anche l’operazione più complessa sull’intero modulo.
Tale grandezza ottimale per me si aggira su dimensioni tipo 1,40 x 10 mt; apprezzo molto dimensioni più piccole perché mi permettono di fare un ottimo lavoro anche con operazioni complesse pur avendo a disposizione solo una mezz’ora.
Nelle tre immagini che seguono, alcuni esempi di discontinuità modulare: un terrazzamento in pietra con relativo camminamento; un terrazzamento con paletti e tavole di legna di recupero con relativo camminamento; bordure di pietra e erba viva intrecciata con relativo camminamento.
Attraverso la progettazione modulare, rendiamo ogni modulo relativamente autonomo rispetto agli altri.
E soprattutto, rendiamo noi relativamente autonomi dall’obbligo di gestirli tutti per forza!
Ogni modulo potrà essere lasciato a sé stesso e ripreso nel momento in cui possiamo.
Le discontinuità modulari ci permetteranno di gestire e occuparci separatamente di ciascun modulo, in funzione del tempo e delle energie che abbiamo a disposizione.
Uno solo? E sarà uno solo. Due, tre, tutti? E saranno due, tre o tutti. La struttura complessiva non risentirà della nostra “presenza parziale”: i moduli lasciati a sé stessi semplicemente si copriranno di erbe spontanee, oppure, se li abbiamo pacciamati tanto tanto, resteranno così per qualche mese, e solo successivamente si inerbiranno.
Noi, intanto, ci prenderemo cura dei moduli che riusciamo, per tornare sugli altri quando potremo.
La colonizzazione spontanea delle erbe, sia coltivate che selvatiche, sarà come un “periodo di riposo”, in cui saranno guarite le ferite conseguenti magari a qualche nostro errore, ripristinati gli equilibri naturali e suggeriti eventuali nuovi corsi d’azione.
Tempi e modalità con cui la vegetazione spontanea si occuperà del nostro modulo temporaneamente lasciato a sé stesso, potranno darci molte indicazioni utili sullo stato del suolo e suggerirci i successivi passi da compiere.
Nella foto in alto, sono alle prese con lo sfalcio e la pulizia di un modulo che avevo lasciato a sé stesso per un po’ di mesi.
I rimasugli della pacciamatura hanno impedito l’erosione del suolo, e contemporaneamente, degradandosi, hanno protetto e nutrito le sue creature. Le radici delle colture esaurite e quelle delle erbe spontanee hanno ostacolato un eccessivo compattamento del suolo.
Approfondiremo meglio questi aspetti nel 4° Articolo: Come gestire i Moduli.
Una volta organizzato il nostro biosistema ortivo in moduli, non avremo che da scegliere di quale modulo occuparci per primo. Con questo tipo di organizzazione, suggerisco di colonizzare ogni modulo di cui ci occupiamo con colture diversificate (policoltura), in modo da garantirci, anche se avremo tempo ed energie per occuparci di un solo modulo, un minimo di diversità colturale e “cibereccia”, come nella foto seguente.
Nel prossimo articolo, il 3°, ci occuperemo proprio di questo, della Policoltura, approfondendone il valore strategico, le modalità di realizzazione e manutenzione, con una serie di suggerimenti pratici.
Intanto, potrete prendere confidenza con questo termine scorrendo l’articolo di Caroline Aitken, “Quattro tecniche di permacultura per coltivare con meno fatica e più raccolto”.
Che altro aggiungere? In attesa di rincontrarci alla prossima puntata, resto a disposizione per domande, curiosità e commenti.