Storia di un permacultore emergente

Massimiliano Denni, ingegnere appassionato di edilizia e architettura sostenibile ci racconta del suo viaggio dalla scoperta della Permacultura nel 2014 alla sua Transizione interiore sull'onda della resilienza.

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Massimiliano Denni bioedilizia
Massimiliano Denni durante un cantiere a Panta Rei, Passignano sul Trasimeno.

Conobbi la Permacultura nel giugno 2014.

Era un corso PDC di 72 ore, a Roma, organizzato dall’ingegnere Enrico Grillo alla Collina del Barbagianni, un condominio solidale circondato dal verde, dove Enrico ha sperimentato la costruzione di un piccolo prototipo in legno e balle di paglia.

Enrico Grillo corso balle paglia
Enrico Grillo Non raccontiamo BALLE – autocostruzione prototipo didattico. Credits: https://www.facebook.com/groups/321288548025424

Prima di allora mi ero interessato di decrescita felice grazie ad articoli e libri di Maurizio Pallante, Serge Latouche e Luca Mercalli. Cercavo delle risposte alla mia curiosità e alla mia insoddisfazione per come andavano le cose dal punto di vista economico, politico, sociale, ambientale, alimentare.

La Permacultura, e successivamente il movimento delle Transition Towns, hanno unito tutti questi temi. Capii che l’approccio migliore era quello sistemico, olistico. Il corso PDC fu per me un “impara l’arte e mettila da parte”. Era rimasto un bagaglio culturale da poter mettere in pratica successivamente.

L’anno successivo infatti mi interessai ad alcuni eventi organizzati nella mia zona, a est di Roma, chiamati “Permablitz”, ossia blitz di Permacultura che duravano un giorno. Erano, e sono ancora, organizzati dall’associazione Resilienze.
https://www.facebook.com/groups/431052033719933

Si tratta principalmente di realizzare orti sinergici, serre e semenzai. Precedentemente i miei amici di Resilienze avevano cominciato col cercare di diffondere consapevolezza attraverso conferenze che trattavano di macroeconomia, moneta, debito, ecc.
Ci si rendeva conto che le multinazionali e i grandi poteri finanziari e politici, in ogni settore, lucrano su di noi, sulla nostra salute, sui nostri bisogni primari di alimentazione, salute, energia… e tendono ad atomizzarci, a renderci competitivi gli uni verso gli altri, e non collaborativi. Tendono a creare penuria.

Il pubblico rispondeva positivamente, ma poi tornava a casa e trovava: la bolletta da pagare, la moglie o marito con cui litigava, l’assicurazione della macchina, il rigore per la Juve… tutto veniva dimenticato. Allora si sono messi a zappare! Sì. Hanno (e abbiamo) deciso che fare era meglio che parlare. Abbiamo deciso di non comprare più dalle multinazionali, per quanto possibile, e di autoprodurci tutto. Piano piano, ma neanche tanto.

Abbiamo deciso che vogliamo essere felici. Da un lato produrremo (e stiamo già producendo da due anni) cibo in quantità, ci autoprodurremo l’energia, organizzeremo comunità libere. Il tutto gestito, insieme a ogni altra competenza, bisogno, lavoro, necessità, scambio, con un’economia basata su buoni di rete, cioè crediti che ognuno può acquisire fornendo la sua opera, dal muratore al giardiniere, dal tenere i bambini all’accompagno, dalle lezioni di inglese al mettere le guaine sul tetto.

Per il bisogno più importante, cioè il senso di comunità e di solidarietà, noi, oltre a divertirci, non lasceremo indietro nessuno. Questo è sicuro. Vogliamo fare questo. Essere resilienti infatti vuol dire per una comunità essere capace di adattarsi positivamente ai cambiamenti improvvisi e riorganizzarsi. E farlo essendo felici.

orto sinergico Emmaus ZagaroloQuello nella foto è il mega-orto sinergico realizzato per la comunità di Emmaus a Zagarolo nel giugno 2014. Eravamo circa quaranta persone e lo abbiamo realizzato in una giornata con enorme soddisfazione! La cosa più bella di questi “permablitz” è il sentirsi comunità, ognuno parte di un tutto, in risonanza con gli altri.

Nel primo anno di attività Resilienze ha realizzato un centinaio di orti, presso privati, amici e conoscenti, ma anche per scuole e associazioni nella provincia est di Roma, e poi essiccatori solari e “rocket stove”, stufe economiche autocostruite per diventare resilienti energeticamente.

Contemporaneamente, curiosando anche su internet, mi sono imbattuto in Rob Hopkins e nel movimento delle Transition Town. Così comprai il “Manuale pratico della transizione”, che lessi in vista della mia tesi di laurea in ingegneria edile – architettura, insieme a “Costruire con le balle di paglia” di Barbara Jones, e a “Post carbon cities” di Daniel Lerch.

Per arricchire il mio bagaglio culturale, nel 2015 frequentai a Roma un seminario su case in balle paglia e intonaci naturali tenuto da Stefano Soldati e Barbara Jones.

A marzo 2016 mi sono laureato con una tesi su “abitazioni resilienti“, costituite da moduli in legno e balle di paglia, intonacate con calce e terra cruda. Nella tesi ho proposto un nuovo approccio alla progettazione degli ambienti costruiti, un approccio olistico che tenga conto dei flussi energetici che interagiscono con l’edificio, gli abitanti e gli ecosistemi che sono nell’intorno.

Un tema centrale è l’economia circolare, il fatto che i rifiuti non esistono in natura ed è possibile progettare in modo che i rifiuti degli esseri umani diventino nuova materia prima. Negli edifici, inoltre, applicando la Permacultura, ogni elemento svolge più funzioni e ogni funzione è svolta da più elementi. Ciò non fa che aumentare la resilienza.

Dopo la laurea ho iniziato a leggere “Agricoltura sinergica” di Emilia Hazelip, provando a fare pratica con un bancale sinergico nel piccolo pezzo di terra di fronte a casa. Quasi allo stesso tempo ho letto “La rivoluzione del filo di paglia” del grande Masanobu Fukuoka, padre dell’agricoltura naturale o del “non fare”, un libro illuminante che parla di agricoltura ma che fa capire quanto alla fine “lo scopo vero dell’agricoltura non è far crescere i raccolti, ma la coltivazione e il perfezionamento degli esseri umani”.

Passato anche l’esame di Stato di Ingegneria, ho iniziato a collaborare con l’ingegnere Enrico Grillo e l’architetto Giusi Fontana, entrambi appassionati di edilizia e architettura sostenibile, e insieme stiamo formando un gruppo di progettazione sulla scia delle belle esperienze del Corto Circuito a Roma, centro sociale ora purtroppo sotto sequestro, e della Tana di Epi, rifugio scout in provincia di Viterbo.

Il padiglione del Corto Circuito è risorto dalle macerie di un incendio, grazie all’iniziativa dei suoi attivisti romani, che hanno organizzato corsi di formazione in Permacultura, prima sulla fitodepurazione, poi strettamente inerenti alla nuova costruzione in tecnica Greb, quindi con struttura in legno e tamponature in balle di paglia, malta Greb e intonaci in calce naturale e terra cruda.

Corto Circuito Roma GrebLa Tana, dedicata allo scomparso capo scout “Epi”, immersa nei boschi del viterbese, è stata realizzata completamente a secco, con struttura in legno e tamponature in balle di paglia con finiture esterne in perline di larice.
Per ulteriori info: https://www.facebook.com/groups/latanadiepi/

Da ottobre a dicembre 2016 ho svolto un tirocinio grazie al bando “Torno Subito” della Regione Lazio, presso Panta Rei, centro di educazione ambientale, in Umbria, dove ho lavorato alla realizzazione di un prototipo abitativo ed educativo con struttura in legno e tamponature in balle di paglia e terra-paglia. A Panta Rei ho lavorato prevalentemente in cantiere, toccando con mano i materiali naturali trattati nella mia tesi di laurea. Mi sono così reso conto della bellezza di lavorare con la terra e la paglia e delle dinamiche di lavoro in autocostruzione.

Panta Rei ecovillaggio paglia
Panta Rei, Passignano sul Trasimeno.

Ora sto svolgendo la seconda parte del “Torno Subito” in uno studio di ingegneria romano, sempre in tema di bioedilizia, sostenibilità e autocostruzione.
Il mio obiettivo è quello di mettere in pratica e diffondere tecniche e modelli costruttivi sostenibili dal punto di vista energetico-ambientale, sociale ed economico, risultanti dall’interazione e il coordinamento tra un team di professionisti e gli autocostruttori.

La transizione verso “un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza… e forse più felicità” (cit. Luca Mercalli) continua! E continua la coltivazione di me stesso.