L’Ombelico di Venere, la perfezione della bellezza

L'Umbilicus rupestris è una pianta fiorita, carnosa, perenne e commestibile appartenente alla famiglia delle Crassulaceae, nota comunemente come ombelico di Venere. Sara Elke Carozzo ci regala il suo modo di osservare questa pianta.

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Ombelico Venere Sara Carozzo
Umbilicus rupestris - Ombelico di Venere. Foto di Sara Elke Carozzo

In una semplice passeggiata in campagna, si vedono centinaia, migliaia di erbe. Anche camminando in città, solo che ci si fa meno caso. Poi si ricordano solo quelle che ci colpiscono il più delle volte, ed è così che ho conosciuto questa piantina, dal poetico nome di Ombelico di Venere.

E’ una piantina piccola, piuttosto comune, che cresce nelle crepe dei muri e fra le pietre dei vecchi muri a secco, e quelli, qui in Liguria non mancano. A volte abita le coste pietrose dei terrazzamenti con le sue foglie carnose circolari verdi con sfumature rossicce e la sua spiga di fiori bianco-verdi, a volte appena rosati. Insomma è uno di quei verdi ornamenti che rendono quadri bellissimi anche le cose costruite dall’uomo, con estrema semplicità.

Umbilicus rupestris Sara Carozzo
Le foglie carnose circolari verdi dell’ombelico di Venere con sfumature rossicce e la sua spiga di fiori bianco-verdi. Foto di Sara Elke Carozzo

Il suo nome mi è stato donato molti anni fa, quando, affascinata da forma e consistenza, l’avevo notato mentre cercavamo altre erbe. E non posso pensare ad un nome più azzeccato: la consistenza delle foglie infatti è invitante, liscia e soda, carnosa, lucida e fresca.

Una depressione nel centro dove s’innesta il picciolo, dà proprio l’idea dell’ombelico, e non quello di chiunque, ma proprio quello di Venere, la Dea romana dell’Amore e della Bellezza, l’ombelico in tutta la sua perfezione insomma, l’ombelicità avrebbe detto Platone (immagino io). Sicché, volenti o nolenti se si ascolta quello che dice il suo nome, e lo si guarda con sguardo particolare, l’Ombelico di Venere ha qualcosa di sensuale, d’invitante, ricorda i ventri marmorei ma morbidi delle statue classiche.

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Foto di Sara Elke Carozzo

E non è neanche il più sfacciato provocatore a cui riesco a pensare: consideriamo solo che i fiori di ogni pianta sono tripudio di seduzione e invito, organo sessuale aperto al sole, senza neanche un po’ di pudore. Un po’ l’immagino e un po’ mi sono documentata, ma un tempo erano molte le piante che avevano a che fare con Venere e con altre Dee; le più sono passate sotto la protezione della Madonna o di altri santi, ma l’Ombelico di Venere no. D’altra parte riuscite voi a immaginare l’Ombelico della Madonna? Quello di solito, rimane celato al sicuro fra panneggi azzurri. E allora Venere.

Bella quest’immagine che suggerisce, come se le parti della donna (ma anche quelle dell’uomo) e quelle delle piante potessero scambiarsi, richiamarsi l’un l’altra, avessero in fondo qualcosa in comune, che forse, così tirando ad indovinare, è qualcosa che ha a che fare con Bellezza e Natura.

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Fiori dell’Ombelico di Venere. Foto di Sara Elke Carozzo

Fitoperversioni a parte (è primavera per tutti), l’Ombelico di Venere, non è solo bello, è anche buono: un giorno, che ero in un orto con amiche, e avevo per pranzo solo una misera manciata di ceci lessati, ho iniziato a passeggiare e raccogliere qualcosa per integrare il mio magro banchetto, quando ho trovato l’Ombelico di Venere, ho fatto un salto di vittoria ed ho raccolto un po’ di foglie.

Alla domanda “Cosa stai facendo?” la risposta è stata “Mi raccolgo il pranzo.”

insalata ceci ombelico venere
Foto di Sara Elke Carozzo

Che soddisfazione potersi raccogliere il pranzo eh?

Soprattutto quando il sapore delicato e fresco e la consistenza soda dell’Ombelico di Venere è perfetto per arricchire insalate miste improvvisate. Si usano le foglie tenere primaverili, con anche il picciolo.

Sicché, se l’incontrate esploratelo con tutti i sensi ben desti, questa pianta parla di vitalità.

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La prima volta che ho sentito parlare di Permacultura è stato nel 2011: tramite l’agricoltura sinergica sono arrivata alla Tabacca, un progetto in permacultura sulle alture di Genova Voltri. Nel 2013 lascio gli studi di lettere classiche per iniziare a viaggiare in Italia e all’estero, e scoprire possibilità alternative al solito iter studio-lavoro-casa, tramite wwoofing, volontariato e soggiorni in comunità e realtà rurali. Intanto la collaborazione con la Tabacca diventa più stretta, e nel 2016 mi stabilisco per un periodo nelle vicinanze, collaborando con la comunità del luogo e seguendo un PDC. In tutti questi anni porto avanti l’amore e la curiosità per le piante spontanee e officinali, la loro storia ed il loro utilizzo; questo seme prezioso, trasmessomi da mia madre, viene innafiato con gli studi e la vicinanza quotidiana, crescendo con me. Fondamentale è stato anche il percorso svolto con vari gruppi di donne dalle quali ho preso e dato conoscenze, energia, ascolto, comprensione, amore. Questo insieme di cose mi ha portato ad interessarmi oltre che di permacultura, anche di vita comunitaria, autosostentamento e autoproduzione, botanica e storia della medicina naturale e ad un tipo di spiritualità che potrei definire “ecologica”. Le parole con cui immagino il mio futuro sono “comunità”, “autosostentamento”, “natura”, “amore”, “creatività”, “femminile”, “scrittura”.