In una semplice passeggiata in campagna, si vedono centinaia, migliaia di erbe. Anche camminando in città, solo che ci si fa meno caso. Poi si ricordano solo quelle che ci colpiscono il più delle volte, ed è così che ho conosciuto questa piantina, dal poetico nome di Ombelico di Venere.
E’ una piantina piccola, piuttosto comune, che cresce nelle crepe dei muri e fra le pietre dei vecchi muri a secco, e quelli, qui in Liguria non mancano. A volte abita le coste pietrose dei terrazzamenti con le sue foglie carnose circolari verdi con sfumature rossicce e la sua spiga di fiori bianco-verdi, a volte appena rosati. Insomma è uno di quei verdi ornamenti che rendono quadri bellissimi anche le cose costruite dall’uomo, con estrema semplicità.

Il suo nome mi è stato donato molti anni fa, quando, affascinata da forma e consistenza, l’avevo notato mentre cercavamo altre erbe. E non posso pensare ad un nome più azzeccato: la consistenza delle foglie infatti è invitante, liscia e soda, carnosa, lucida e fresca.
Una depressione nel centro dove s’innesta il picciolo, dà proprio l’idea dell’ombelico, e non quello di chiunque, ma proprio quello di Venere, la Dea romana dell’Amore e della Bellezza, l’ombelico in tutta la sua perfezione insomma, l’ombelicità avrebbe detto Platone (immagino io). Sicché, volenti o nolenti se si ascolta quello che dice il suo nome, e lo si guarda con sguardo particolare, l’Ombelico di Venere ha qualcosa di sensuale, d’invitante, ricorda i ventri marmorei ma morbidi delle statue classiche.

E non è neanche il più sfacciato provocatore a cui riesco a pensare: consideriamo solo che i fiori di ogni pianta sono tripudio di seduzione e invito, organo sessuale aperto al sole, senza neanche un po’ di pudore. Un po’ l’immagino e un po’ mi sono documentata, ma un tempo erano molte le piante che avevano a che fare con Venere e con altre Dee; le più sono passate sotto la protezione della Madonna o di altri santi, ma l’Ombelico di Venere no. D’altra parte riuscite voi a immaginare l’Ombelico della Madonna? Quello di solito, rimane celato al sicuro fra panneggi azzurri. E allora Venere.
Bella quest’immagine che suggerisce, come se le parti della donna (ma anche quelle dell’uomo) e quelle delle piante potessero scambiarsi, richiamarsi l’un l’altra, avessero in fondo qualcosa in comune, che forse, così tirando ad indovinare, è qualcosa che ha a che fare con Bellezza e Natura.

Fitoperversioni a parte (è primavera per tutti), l’Ombelico di Venere, non è solo bello, è anche buono: un giorno, che ero in un orto con amiche, e avevo per pranzo solo una misera manciata di ceci lessati, ho iniziato a passeggiare e raccogliere qualcosa per integrare il mio magro banchetto, quando ho trovato l’Ombelico di Venere, ho fatto un salto di vittoria ed ho raccolto un po’ di foglie.
Alla domanda “Cosa stai facendo?” la risposta è stata “Mi raccolgo il pranzo.”

Che soddisfazione potersi raccogliere il pranzo eh?
Soprattutto quando il sapore delicato e fresco e la consistenza soda dell’Ombelico di Venere è perfetto per arricchire insalate miste improvvisate. Si usano le foglie tenere primaverili, con anche il picciolo.