Ciao Giacomo. La prima domanda che mi sento di rivolgerti è “chi sei”?
Sono cresciuto a Varese fidandomi solo delle mie sensazioni; scontrandomi sin da piccolo con una realtà che plasmava attorno a me gli artefizi che oggi ben conosciamo. Negli anni ho fatto grandi sforzi per imparare a gestire il dono dell’empatia e quando ho incontrato la botanica si è accesa una scintilla. Ho studiato e lavorato nel campo del giardinaggio e della progettazione ornamentale a partire da settembre 2012 ma è stata la letteratura ad aprire il vaso di pandora.
Studiare ed osservare le piante mi ha permesso di crescere come uomo consapevole.
Cosa rispondi quando la gente ti chiede “Che lavoro fai”?
Sono talmente abituato a dover trovare una risposta a questa domanda che per te pescherò dal mazzo: sono un “venditore di cultura botanica”: giro l’Italia per vendere (grazie ai social), la consapevolezza che esiste un alternativa alla vita che ci propinano tutti i giorni, attirando per esempio l’attenzione di chi vive all’ottavo piano di un palazzo dell’interland milanese. Tutti hanno diritto di sapere che lontano dai riflettori, i custodi del nostro pianeta stanno costruendo l’ultima chance per rendere nuovamente il nostro pianeta il paradiso descritto in tutti i testi sacri, senza differenze religiose. Ci porgono la loro mano, afferriamola. E lavoriamo fianco a fianco per il fine più nobile che esista.
Mi ha incuriosito molto Prospettive Vegetali, il tuo progetto di divulgazione etnobotanica. Ce ne vuoi parlare? Da dove viene questo nome?
Ho dedicato due giorni alla ricerca di questo nome. In un epoca in cui le parole in occidente valgono poco più che zero, dare un nome ad un progetto come ad una persona, significa segnarne fortemente il percorso. E allora che “Prospettive” siano. Innumerevoli, infinite, ma anche uniche. Come quella realizzata per la prima volta nella storia dei giardini da Luigi Vanvitelli a Caserta, entrata nel mio cuore insieme alla stessa città campana. Il suffisso “Vegetali” serve solo a chiarire da dove sono partito: l’etnobotanica è considerata la madre di tutte le scienze.
Nel Movimento della Permacultura e della Transizione si usano spesso parole affascinanti, che fanno presa, ma che spesso pochi conoscono il significato. Una di queste è “resilienza”. Ci vuoi dire cosa significa per te “resilienza”? Ci puoi fare degli esempi concreti?
La resilienza è quello che cerco nei protagonisti dei miei reportage: E’ la prima volta che ti intervistano? La duecentesima? Negli ultimi 20 anni è peggiorato tutto ma non hai nessuna intenzione di arrenderti? Ciak! Si gira: Carpe Diem! Sono partito da Varese con un cellulare ed una Fiat Brava del 1998 per realizzare un documentario sulla resilienza umana. Quando hai paura cammina in un bosco dopo un incendio. Non vergognarti di annaffiare la terra con le lacrime, rinascerai insieme a lui.
Di recente sei salpato per la Sardegna e poi per la Sicilia. Ho visto i tuoi reportage su Youtube e mi sono piaciuti tanto. Ci vuoi raccontare tu come è andata?
In questo momento mi trovo a Malta: le isole hanno qualcosa di inviolabile, sacro. Offrono le loro ricchezze ed i loro frutti con una generosità impareggiabile, ed anche la Sardegna e la Sicilia, seppur spolpate da mafie e cattivi amministratori, non verranno mai spogliate del loro più bel vestito: la vita che risiede nella terra. Sulle loro strade ho percorso 5200 km in 65 giorni, sono stato ospite in lungo ed in largo delle persone che ho conosciuto ed intervistato ed ora sono convinto: l’agricoltura naturale e l’allevamento etico, insieme all’innovazione tecnologica e la laboriosità del popolo italiano, presto renderanno questi luoghi un modello da seguire ed imitare.
Una o più canzoni che hai in mente in questi giorni? E perché?
Questa è una bella domanda: la musica è parte integrante di questo progetto anche se ancora non è chiaro come. Sono sempre stato un ascoltatore seriale seppur non mi sia mai confrontato con la materia: i primi approcci con il cantautorato italiano in audiocassetta e i vinili dei miei genitori, poi Caparezza ed Eiffel 65 su TopOfThePops, i giorni e le notti su YouTube ed eMule per riempire i 2GB di memoria Mp3, le prime dancehall reggae ed hip hop, fino all’amore per la drum and bass che oggi mi accompagna quotidianamente. Vi lascio una traccia di Marcus Intalex, un pioniere recentemente scomparso di questo genere che ho avuto l’onore di ascoltare dal vivo nel 2016.
A noi piace ridere e scherzare. Molte delle nostre interviste avvengono a cena in una situazione molto gioiosa. Ma proprio quando siamo piegati in due ci scappa la domanda seria. Che speranze abbiamo per il nostro pianeta?
Mi spiace molto che nel nostro caso non ci sia di mezzo una tavola imbandita che anticipi la domanda seria, ma ad ogni modo, chi ha trovato il coraggio di sbilanciarsi su questo tema davanti alla mia telecamera non aveva grandi dubbi: il pianeta si salva da solo, noi no. Ho visto molti occhi lucidi: come se il destino fosse già scritto. Ma se anche così fosse, io vorrei godere dell’ultimo respiro di Vita autentica, e questo muove i miei passi.
Perché supportare Prospettive Vegetali?
In un altra storia il nostro paese avrebbe potuto chiamarsi Biodiversità: una regione dove prolificano piante, animali, popoli e saperi come da nessun’altra parte al mondo. L’Etnobotanica si propone come scienza in grado di interpretare i dialetti al fine di salvaguardare le relazioni ed i molteplici usi delle piante, proponendo soluzioni che affondano radici nel nostro passato. Questa possibilità di studio è negata ad un giovane italiano, proprio nel luogo più adatto! Così è nato il progetto: finanziare i miei studi, rendendoli accessibili a tutti. Foto, Reportage, aggiornamenti e curiosità saranno sempre accessibili sulle pagine social, mentre per avere una copia del documentario finale (prevedo di completarlo nel 2020), basterà fare una donazione (che sarà la mia “benzina”) su giacomocastana.com
Ok domanda “political incorrect”, lo ammetto. Le nostre interviste sono spesso sui generis e crediamo nel mutuo scambio. Ti va di fare una domanda a Permacultura & Transizione? Risponderemo sinceramente ovviamente.
Se la metti così, sarò scorrettissimo: Nel gioco della pallacanestro, la “transizione” è uno schema d’attacco per condurre il contropiede. E per la permacultura che cosa è? Si può trovare un termine di paragone con questo concetto “cestistico”?
La risposta di P&T:
Bello! La Transizione è un movimento che si sta diffondendo velocemente nel mondo, quindi l’idea dello “schema d’attacco” calza proprio a pennello. Detta così vedrei il Movimento della Transizione come uno schema, quindi pensieri e azioni che vanno contro tendenza: proporre un nuovo modello di vita sostenibile non dipendente dal petrolio e caratterizzato da un alto livello di resilienza.
E la permacultura? Direi che la Permacultura è proprio il gioco della pallacanestro, con le sue regole (etiche e principi), i suoi schemi (modelli di progettazione), le scuole e i corsi per imparare a giocare (PDC, Apprendimento attivo, workshop specifici), le sue federazioni (Associazioni locali, nazionali e internazionali), i suoi palazzetti dello sport (Luoghi dimostrativi di Permacultura e Aule permanenti), gli open days dove la gente può provare e capirne di più, i suoi giocatori dilettanti e professionisti (permacultori, transizionisti, simpatizzanti, studenti) e gli allenatori (formatori, tutor e facilitatori). Abbiamo proprio bisogno di tutti per far canestro!
Qualcuno dei nostri lettori ci rimprovera che il termine “sostenibilità” sia desueto e che presto occorre sbarazzarcene al più presto. Piccoli passi: da dove cominciamo?
Sono d’accordo, dobbiamo cominciare ad usare qualcosa di più fresh! E non per forza questo qualcosa deve avere un senso evidente: tutti devono capire che si fa riferimento a quel “feeling” o a quel concetto. Superando il limite che si incontra “abusando” di una parola fatta e finita nel suo significato. Nel suo piccolo, questo progetto vuole svecchiare la materia botanica e per farlo, sarebbe ipocrita non ammettere di studiare ed ammirare i fenomeni della trap music, maestri di comunicazione.
Noi di Permacultura & Transizione sogniamo che dopo ogni articolo, dopo ogni intervista pubblicata si avvii in Italia un piccolo processo di cambiamento o un piccola rivoluzione. Ti va di sognare con noi? Cosa avverrà dopo la pubblicazione di questa intervista?
Spero di ricevere segnalazioni, supporto e consigli, ma soprattutto una spinta in termini di visibilità: le fortune di questo progetto passano dalla cura che tutti voi mi riserverete con partecipazione e condivisioni sui social, in modo da crescere come fatto fin’ora sopperendo agli investimenti per le sponsorizzazioni. E allora ecco dove seguirmi e contattarmi: INSTAGRAM – FB – LINKEDIN – YOUTUBE – TWITTER
E cosa succederà dopo la visione del tuo documentario?
Ma siete sicuri che lo volete vedere? 🙂