Buona resilienza!
Se l’ironia fosse un gesto dell’uomo sarebbe lo “schioccare delle dita”: apre l’aria, eleva il suono e accende un’idea. Se l’ironia fosse un gesto della Natura sarebbe lo “sbocciare di un fiore”: entra nello spazio, rivela il tempo e crea un gioco di colori e forme. Perché vi dico questo?
Perché se è vero che il modo migliore per iniziare la giornata è con una bella risata, beh! Allora è anche vero che se c’è una risata, ogni momento diventa migliore, poiché inizio di un qualcosa di bello! Credetemi, il suo raccontarsi in questa intervista è un vero e proprio concentrato di risate dal sapore dell’ironia. Ma, di quell’ironia, che sa di onestà intellettuale e di libertà nel mostrarsi per “ciò che si è nella propria anima”.
”la Terra ha un’anima”. In essa c’è una sublime bellezza capace di svelare l’essenza stessa della vita. E se ci si pone in ascolto, la si può sentire. I popoli indigeni che hanno ancora in sé una venerazione religiosa per la Terra, sanno bene che ogni creatura vivente ed elemento della natura è fonte di grande insegnamento per l’Uomo: è solo “il Dio di ogni cosa” che gli permetterà di evolversi nel “qui ed ora”. Essi, come se si trovassero dinanzi ad uno scrigno colmo di preziosità, cercano di apprendere il più possibile ogni segreto. Così, nel volo fiero e deciso dell’aquila comprendono che la vera libertà è saper essere presenti a se stessi, dal maestoso albero che porta i suoi frutti riconoscono la generosità del sapersi dare e in un germoglio che spunta dal ventre della terra alla luce del cielo scoprono la resilienza alla vita. Altro ancora imparano…
Il cammino di conoscenza nella Natura rivela loro qualcosa di fondamentale importanza: è la “diversità” a creare “armonia”. La Natura si “nutre” di essa ed in essa “nasce e rinasce” a nuova vita. E’ grazie alla diversità se la Natura è di una “raffinata bellezza”. Allora, gli indigeni dinanzi a tale lezione raggiungono la consapevolezza, che ogni uomo seppur diverso dall’altro ha nella propria anima molto di più di quanto pensa.
E se solo si esplorasse conoscerebbe “capacità, talenti e virtù” preziose da vivere. Così, essi in quel sentirsi “figli di Gaia e in armonia con essa” s’inchinano al pesce che non si direbbero mai incapace di volare poiché nel suo piccolo guizzo sostiene sconfinate acque, alle rondini che non si riterrebbero mai inabili a nuotare poiché come spunte nere in cielo volando annunciano l’arrivo della primavera e a colonie di formiche che non si giudicherebbero mai schiappe a galoppare poiché migrando, migrando rendono fertile il terreno con quel tanto di roba, che portano su quelle loro minuscole spalle.
E’ proprio dalle formiche, gli indigeni scoprono la condivisione: quel “darsi l’un l’altro” che sa di “cura per l’altro” e che consente loro di poter “vivere insieme” fino a creare una “comunità”. E’ grazie a Madre Natura che gli uomini rinnovano ogni momento la lezione della “cura delle persone”.
I popoli indigeni nell’amare ed onorare tanto la natura fino ad “interiorizzarla”, comprendono come “ogni cosa è parte di un Tutt’uno”, compreso l’Uomo!
La grandezza della Permacultura sta proprio in tutto ciò: aver tradotto in chiave moderna e universale, il sapere di un popolo che della “saggezza della Natura” ne è diventato vero custode, ma soprattutto “Uomo saggio”.
Così, oggi, anche noi possiamo usufruire di quel “prezioso tesoro” che parla sì di cura della terra, ma anche di cura delle persone. “L’evoluzione di un posto passa attraverso l’infinita ricchezza di un’anima”.
E dopo il breve viaggio tra i popoli indigeni e la Natura in tutto il suo incanto, torniamo a noi o meglio al “protagonista dell’intervista”. A lui, che nel suo raccontarsi mostra una parte della sua anima con ironia come lo schioccare delle dita o lo sbocciare di un fiore. E se mai esistesse in natura tale fiore, di sicuro nel suo aprirsi avrebbe i colori e le forme dello Yin e lo Yang. Quel cerchio per metà nero e per metà bianco… simbolo di due entità opposte ma complementari, per formare la totalità di ogni cosa e dell’Universo… mmm… una sorta di mandarino con dentro i suoi spicchi.
E sono così le sue parole: spicchi di luce e spicchi di buio, spicchi di caldo e spicchi di freddo che insieme formano la totalità di ogni cosa anche in una semplice frase. Poi, per certi aspetti e sempre leggendo fra le righe, le sue parole hanno la mira precisa di una spada di un Samurai. Pronta a colpire, ma mai a ferire! (…e perché no? lui, nelle vesti di Goemon Ischikawa amico inseparabile di Lupen ci starebbe tutto!).
Ma ironia a parte o come dice lui, seriamente ora… egli potremmo considerarlo il PermaVideoMaking&Fotografo del MEDIPERlab. Si, perché il suo fare se ci pensiamo bene, racchiude in sé i tre principi fondamentali della Permacultura. Lui, ha la bravura di catturare in uno scatto fotografico o di mostrare in un breve filmato la vera anima di un posto, della natura e di una persona con cura.
E se non vi foste ancora persi nel video della campagna di crowdfunding, per il progetto di traduzione del Manuale di Permacultura, cosa che vi consiglio di fare non subito ma all’istante, potrete osservare con quanta cura ha mostrato in modo ineccepibile l’anima di ogni ragazzo, che “nel condividere ognuno il meglio di sé ha dato vita ad un progetto di grande rilevanza per l’intera comunità del nostro Paese”.
Prima, però, ritroviamoci tutti intorno al nostro amico del “MEDIPERlab”. Uno dei ragazzi del team di traduzione in italiano de: “Permacultura: Manuale di Progettazione” scritto da Bill Mollison.
Chi sei, quanti anni hai, dove sei nato, dove vivi, interessi e passioni?
Gabriele Gismondi, 42 anni, acquario convinto nonostante tutto e tutti; per metà ciociaro, per metà friulano, vivo in Sicilia da 10 anni, nonostante tutto e tutti. Attraverso cicli lunari da vegetariano, altri no. Mai imparato a nuotare ma, nonostante tutto, galleggio e non vado a fondo. Come il 99 per cento di quelli più o meno miei coetanei, me ne vorrei andare in campagna o limitrofi, e un po’ invidio quell’1 per cento che non si è mai posto il problema e va avanti a testa bassa, 8 ore al giorno, affogando poi all’happy hour. Una volta viaggiavo, poi il passaporto è scaduto e l’ho presa come un segno del destino. M’accompagno con persone tranquille ma squilibrate, simpatiche, non invasive, pazienti ma non noiose; evito il restante 99 per cento.
Ti piace viaggiare? Cosa porti sempre dai tuoi viaggi?
Appena mi rimetterò in viaggio valuterò attentamente cosa mettere in valigia, forse un costume e le pinne, tanto galleggio.
Che lavoro desideravi fare da bambino?
Molto tempo fa, grazie a Holly e Benji, capii che fare il calciatore avrebbe risolto molti dubbi esistenziali. La mia pigrizia e indecisione, che m’affiancano instancabili, mi fecero optare per una vita priva di allenamenti e corpulente subrettes.
E ora che lavoro fai?
Lavoro come videomaker, ovvero riprese e montaggio e risoluzione problemi. Mi occupo di documentario e reportage non avendo la benché minima attrattiva verso la fiction non hollywoodiana o i matrimoni (a 360 gradi).
Quando ha fatto capolino nella tua vita la Permacultura?
Due o tre anni fa, era inverno, ho finalmente trovato un corso (PDC) che mi sembrava simpatico, nelle Puglie, ad Altamura. Lì ho conosciuto tanti amici e le basi della Permacultura. Da lì, ad oggi, gli amici e le basi sono sempre gli stessi.
Com’è nata l’avventura del sogno di traduzione: “Permacultura: Manuale di Progettazione” di Bill Mollison?
Ignazio e altri ragazzi del gruppo di traduzione provengono dall’esperienza di Altamura dove mi ero distinto, tra le altre cose, a fare qualche breve filmino sull’evento e i suoi partecipanti. Quando si è trattato di realizzare dei materiali video per la promozione del crowdfunding per la traduzione del Manuale, sono saltato (mi hanno catapultato) a bordo.
Cosa ti ha spinto ad essere parte di tale sogno?
Tutti i “manualisti”, tutti i ragazzi e le ragazze che stanno collaborando al progetto, sono innanzitutto delle belle persone. Questo è stato sufficiente a tenermi abbastanza attento da rimanere e spingere il progetto, a modo mio ovviamente.
Un momento o un aneddoto di questi mesi di lavoro con i tuoi amici d’avventura?
La carovana organizzata per presentare il progetto di traduzione al festival di Bolsena a settembre 2016 è stata sicuramente un’esperienza ringiovanente e spiazzante. Orgoglioso di tutto ciò che avvenne sotto il gazebo in Piazza, e di tutti quelli che ci hanno dedicato qualche secondo del loro tempo.

Se tu fossi una persona qualunque, che sente parlare per la prima volta di permacultura, quale sarebbe la scintilla che ti porterebbe a contribuire e a dire: “Si, anch’io voglio essere parte di tale sogno!”?
Se fossi una persona qualunque, cosa che mi onoro tutt’ora di essere, mi interesserei alla Permacultura se qualcuno mi spiegasse che, se non me ne fossi accorto, una casa dovrebbe essere fresca d’estate e calda d’inverno, e senza ipoteche per poterla realizzare.
Ben saprai, che il Manuale di Progettazione in Permacultura di Bill Mollison è considerato “La Bibbia dei Permacultori”, perciò qual è la parola o la frase che è stata una scoperta per te e che senti particolarmente tua?
Seriamente ora, il concetto di “edge effect” (effetto margine), assolutamente ovvio ma straordinario, come tutto quello di cui stiamo parlando… però per saperne di più sarebbe bello leggere il Manuale in italiano…
Cosa vorresti fare da grande?
Da grande voglio fare una casa fresca d’estate e calda d’inverno
Ora, sei in un orto di permacultura e hai nelle tue mani un seme, chiamato sogno da realizzare. Quale sarebbe il tuo?
Avere un seme nelle mie mani sarebbe già abbastanza, niente sogni, lo pianto e lo guardo crescere (in timelapse)
“In questo progetto dove hai dato la tua cura?”
Ho provato a fare la mia parte, quello che potevo, al meglio. Il resto dipende dalla Natura.
Cosa diresti a te stesso in questo preciso momento?
Muoviti.
Ed io* posso dire qualcosa a te?
Assolutamente si
io* “Gabriele,
alla tua cura per ogni anima del nostro Pianeta, grazie… in timelapse!”
io* Ogni persona che crede in un mondo migliore!