Dialoghi sui principi della Permacultura in ambito sociale e personale.

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Osserva e interagisci permacultura

A cura di Massimo Giorgini (Albero della Vita) e Giovanni Santandrea (Transition Italia)

Primo principio: osserva e interagisci

“Il guardare una cosa è ben diverso dal vederla.
Non si vede una cosa finché non se ne vede la bellezza.”

(Oscar Wilde)

osserva interagisci permacultura
In un tempo dove siamo portati a vivere sempre in superficie, distaccati dal nostro punto di coscienza profondo, il primo principio della Permacultura può apparire ovvio e scontato. Non a caso è messo al primo posto della lista dei 12 principi che sono alla base della progettazione. I permacultori ci ricordano: “Osservare il paesaggio e i processi naturali che lo trasformano è fondamentale per ottimizzare l’efficienza di un intervento umano e minimizzare l’uso di risorse non rinnovabili e tecnologia. L’osservazione deve essere accompagnata dall’interazione personale”.

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(G) E’ proprio un bel tema di dialogo quello che ci suggerisce il primo principio della Permacultura. Credo che la progettazione non venga intesa solo come lo strumento per realizzare uno scopo o un desiderio. L’osservare ci richiama la necessità di “mettere in relazione” il nostro desiderio, il nostro scopo, con l’ambiente circostante, l’ambiente in cui si andrà a collocare il progetto. Troppe volte invece i nostri progetti nascono ‘fuori contesto’ dalla realtà circostante. In questo modo partono disconnessi dai reali bisogni delle persone e della realtà sociale in cui vogliamo agire. Tutta l’attenzione è concentrata sull’idea progettuale, e più tale idea è buona e giusta, meno attenzione dedichiamo al contesto. Che tipo di progetto è compatibile con quel particolare ambiente? Il progetto avrà un reale impatto positivo per la comunità sociale?
E dal tuo punto di vista, Massimo, anche a livello personale si corrono gli stessi rischi?

(M) Eh si, anche a livello personale c’è il rischio di disconnessione. In questo caso si tratta di un duplice rischio: di essere disconnessi da se stessi (dai nostri bisogni essenziali) e dall’ambiente in cui viviamo (persone, relazioni, situazioni). Se vogliamo progettare consapevolmente la nostra vita dobbiamo volgere il nostro sguardo in queste due direzioni: verso la nostra interiorità e verso la realtà esterna. Spesso le nostre emozioni ed i nostri pensieri partono automaticamente, seguendo schemi che abbiamo appreso nel passato, di solito durante la nostra infanzia o adolescenza. Riconnettersi significa essere consapevoli di ciò che c’è nel momento presente e questo è un primo passo importantissimo per vivere bene, per crescere, per cambiare (se necessario), per soddisfare i propri bisogni e per avere relazioni nutrienti con gli altri. A livello personale i primi aspetti di cui essere consapevoli sono le nostre emozioni, i nostri bisogni, i nostri pensieri e convinzioni. Quando ci spostiamo negli ambiti collettivi (gruppi di lavoro e aggregazioni sociali) la faccenda si fa più complessa ma credo ci siano tante analogie: il primo passo, come ci consiglia questo principio, è quello di essere consapevoli delle emozioni e dei bisogni del gruppo, delle convinzioni che formano la cultura, delle interazioni e dei processi che sono presenti, senza perdere di vista la dimensione individuale.

(G) Però il processo di consapevolezza che è volto alla dimensione personale e di gruppo mi genera un dubbio. I permacultori che applicano il primo principio nell’ambito della progettazione di un territorio possono misurare la qualità del loro intervento con dati oggettivi, riguardanti l’efficacia del progetto e la coerenza della metodologia applicata con la visione complessiva della Permacultura.

Quando invece parliamo di applicare tali principi in una dimensione personale, di gruppo, e sociale, la possibilità di definire degli indicatori diventa più aleatoria. Cerco di spiegare meglio quello che intendo. La Permacultura mi ha sempre colpito positivamente per quella sua ricerca sincera di autenticità e di coerenza. Il percorso di apprendimento attivo proposto dalla Permacultura porta gli ‘apprendisti’ a mettere in pratica la teoria, applicandola con metodo ai propri progetti personali. Ma è evidente che un progetto di creazione di una foresta alimentare è più facile da monitorare. Quando il principio di ‘osserva ed interagisci’ è riferito al proprio mondo interiore, o alla vita di relazione sociale, si perdono molti punti di riferimento oggettivi.

La complessità dei processi psichici, la loro intrinseca soggettività, possono rendere più difficoltosa la verifica di quanto realmente applichiamo su di noi il primo principio della Permacultura. Insomma parlando delle dimensioni interiori possiamo “suonarcela e cantarcela” ingannando per primi noi stessi. Tu cosa ne pensi? Ritieni che in qualche modo ci siano strumenti e tecniche per avere un riscontro della nostra coerenza e autenticità?

(M) Se desideriamo andare verso una maggiore autenticità e coerenza a livello personale, sono principalmente due gli strumenti che possiamo utilizzare.
Il primo è quello di prenderci degli spazi per “sentire” oltre che per “pensare”. Corriamo il rischio di “raccontarcela” quando stiamo troppo nella testa, razionalizzando e teorizzando, e non siamo sufficientemente consapevoli delle nostre emozioni e delle nostre sensazioni. Con le parole possiamo mentire a noi stessi ed agli altri, mentre il corpo e le emozioni mostrano in modo trasparente quello che accade dentro di noi.
Il secondo modo per favorire la coerenza personale è quello di trovare degli ambiti “protetti” dove poter ricevere dei feedback rispettosi ed autentici: gruppi di condivisione e di ascolto, gruppi di crescita personale, incontri individuali di Counseling, Coaching o di Psicoterapia. Lo specchio degli altri ci può aiutare tantissimo nel processo di conoscenza di sé, perché da “fuori” gli altri hanno un punto di vista privilegiato, dal quale possono notare tutte le sfumature nel nostro modo di relazionarci e di comunicare con gli altri.
Anche nei gruppi e negli ambiti sociali succede di raccontarsela: per non soffrire, per comodità, per assecondare il pensiero dominante, per fedeltà al gruppo, per non disturbare l’apparente armonia, per non rischiare conflitti. In questi ambiti l’antidoto è quello di favorire ed accettare i feedback che arrivano dai componenti del gruppo o dall’esterno. Ma di questo parleremo meglio nell’articolo dedicato all’autoregolazione ed ai feedback.
Credo anche che un grande aiuto alla coerenza ci venga mettendo in pratica la seconda parte di questo principio che ci consiglia di “interagire”.

(G) Sul tema ‘interagire’ aggiungo un’altra considerazione. Il primo principio definisce con una certa chiarezza una relazione di dipendenza temporale tra l’osservare, che è la prima attività a cui dedicarsi, e l’interagire. Solo dopo aver osservato, nel senso più completo del termine, si possono utilizzare tutti i dati e le considerazioni derivanti da tale ‘osservazione’ per poter interagire. Quanto è frequente invece che i gruppi focalizzino le energie nell’agire impulsivo. L’invito ad osservare lo vedo molto collegato ad un’analisi sistemica dei processi, potremmo dire quasi ad un’analisi olistica dell’ambiente e del territorio. Morin ha espresso molto bene questo concetto: “I problemi importanti sono sempre complessi e spesso sono pieni di contraddizioni. Bisogna quindi affrontarli globalmente, con saperi diversi che debbono interagire fra loro”.
Solo in questo modo si può uscire dagli schemi fissi (pattern), dagli stereotipi, che fanno sì che molti gruppi vadano avanti in modo prevedibile, e soprattutto poco efficace. L’osservazione ha il potere di obbligarci a rimettere in discussione le nostre modalità d’azione.

In conclusione non ci resta che darvi appuntamento per il prossimo articolo che sarà dedicato al secondo principio della Permacultura (“Raccogli e conserva energia”) e alle sue possibili applicazioni in ambito personale e relazionale.

L’articolo originale è stato pubblicato su Vivere Sostenibile  – n. 48 Aprile 2018

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