Il Baskin e la biodiversità a piccoli passi

La storia di Antonella, Vincenzo, Marco e Barbara che con le associazioni Zuleima e A piccoli passi hanno portata a Noto (SR) il Baskin, lo sport che integra invece che separare, dove vince la biodiversità.

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Piccoli Passi Noto Baskin
Particolare di una foto di Edite, Il giro del cappero

In una tensostruttura di Noto, da qualche anno si riuniscono delle vite, che ruotano armoniosamente intorno ad un pallone di basket.

Oggi, è giorno di partite. In tribuna c’è Antonella. Lei ha vissuto in Sardegna sino all’età di diciannove anni.

Antonella Piccoli Passi Noto
Foto di Edite, Il giro del cappero

La mentalità del piccolo paese l’ha spinta a studiare e vivere per dieci anni a Torino, conoscendo finalmente una dimensione nuova e più libera per lei. Lì ha incontrato Vincenzo, che, invece, ha vissuto a Torino sin dalla nascita ed ha avuto sempre ben chiari i limiti della grande città.

Lui era insofferente al fatto che si correva sempre e si dovesse fare una montagna di chilometri per andare a casa di Antonella o viceversa.

Foto di Edite, Il giro del cappero

Un giorno si è deciso. Ha trovato per caso una casa in Sicilia, su una collina di Noto, e lei lo ha seguito. Sono passati sedici anni da allora.

Vincenzo è in campo oggi. Dall’altra parte c’è come avversario Marco. Con lui si è conosciuto giovanissimo a Noto. Ad un certo punto si sono trovati compagni di università.

Avevano un’associazione culturale a quei tempi tutti e tre. In una zona popolare di Noto c’era la loro sede e lì organizzavano fra le altre cose le “Bimbiadi”. Ci facevano giocare i bambini del quartiere, invitando chiunque volesse partecipare all’evento, e si divertivano da matti.

Marco Piccoli passi noto
Foto di Edite, Il giro del cappero

Vincenzo, che aveva giocato a basket a Torino, ha cominciato, poi, a girare gratuitamente nelle scuole, iniziando a creare nella piccola cittadina siciliana una cultura del basket, che c’era stata nel passato ma che in quel momento non si stava facendo più.

Marco piano piano ha cominciato a collaborare con lui. Sono andati insieme nelle palestre e nelle scuole. Hanno organizzato mini corsi di basket sino a fondare un’associazione sportiva.

In una delle due squadre che si fronteggiano nella tensostruttura, c’è pure Barbara che corre come una trottola. E’ la compagna di Marco ma anche il quarto pilastro dell’associazione. Si è unita al gruppo qualche anno fa, mentre Vincenzo e Marco affiggevano le locandine dei corsi di minibasket all’università e i figli di lei erano già in età da frequentarli.

Barbara piccoli passi noto
Foto di Edite, Il giro del cappero

Oggi, nella tensostruttura c’è stata prima l’esibizione dei piccoli del minibasket e, subito dopo, una partita particolare, giocata con l’aggiunta di due canestri più piccoli lungo le linee laterali. Si chiama Baskin, basket inclusivo o integrato.

E’ una cosa entusiasmante ai nostri occhi. Permette un’integrazione vera e reale delle persone con carenze o difficoltà psichiche e motorie. Non è il basket in carrozzina.

Il Baskin è un basket per tutti

Per chi sa giocare, per chi non sa giocare, per uomini, donne, bambini, abili e disabili. Tutti possono giocare contemporaneamente nello stesso campo, fare una partita e seguire delle regole, ciascuno in base alle propria abilità.

baskin zuleima noto
Foto di Edite, Il giro del cappero

Sembra una rivoluzione. Forse, non esiste un altro sport così. Ciascuno in base alle proprie abilità ha assegnato un ruolo e può fare delle cose con delle regole che permettono di stare su un piano di equità.

Il giocatore di basket, quello vero, che partecipa ad una partita non può fare tutti i canestri del mondo, altrimenti segnerebbe solo lui. Ha un limite e può fare solo un tot di canestri. Dopo di che deve passare la palla e far fare canestro agli altri.

Il disabile, poi, a seconda delle sue abilità o della sua forza, può tirare non solo una palla vera di basket ma anche una pallina, da una posizione protetta e in un canestro più basso, e il canestro ha lo stesso valore.

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Foto di Edite, Il giro del cappero

A ciascuno, insomma, viene data l’opportunità di contribuire al punteggio collettivo della squadra secondo le proprie possibilità.

Per tanti la disabilità, in genere, è temuta e fa un po’ paura. Non sai come comportarti con un disabile. Non sai cosa dire. Pensi che la persona disabile forse soffre e ti chiedi se magari puoi sbagliare con lei. Una volta che ci sei insieme perché ti alleni, vieni a conoscenza di quella realtà in modo così naturale che poi cade ogni barriera e diventa normale stare tutti insieme a competere o aiutarsi.

Arriva nel frattempo Giulia, la figlia di Barbara. Ha quindici anni ed un sorriso dolcissimo. A bordo campo le passano una maglietta, pronta ad entrare in campo con la sua carrozzina. Ha un ritardo psicomotorio dovuto ad una nascita precoce di alcuni mesi.

Giulia Baskin Zuleima Noto
Foto di Edite, Il giro del cappero

Appena indossata la sua divisa, fa l’ingresso in campo e subito ha l’occasione di trasformare un tiro libero. E’ preciso e puntuale il suo canestro, seguito da un sorriso di felicità.

A piccoli passi

I quattro amici hanno creato, pure, un centro di educazione motoria, facendo svolgere ai piccolissimi attività all’aria aperta che addestrino i loro movimenti a contatto con l’ambiente. “A piccoli passi” lo hanno chiamato. Sono stati i piccoli ospiti del centro ad aprire con una divertente coreografia di balli questo incredibile pomeriggio di sport.

A piccoli passi noto educazione motoria
Foto di Edite, Il giro del capperoù

Al fischio finale dell’arbitro ci siamo ritrovati in campo tutti, giocatori e spettatori, a condividere sorridenti le amorevoli torte preparate dalle mamme.

E capisci una cosa: si può affrontare la partita vera della vita solo giocando. Tutti e insieme. Da lì, a fare canestro ci vuole un attimo.

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Foto di Edite, Il giro del cappero

Per saperne di più
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