
A quanti sarà capitato di vivere dei momenti difficili, subito dopo una separazione col proprio partner? Forse a tutti.
Marco si è trovato davanti alla mancanza di un riferimento e ad un mare di confusione. Ogni persona sceglie di ricostruire i suoi equilibri come capita.
Per un caso, qualche tempo dopo, ha partecipato ad una missione in Africa con alcuni frati francescani.
Al ritorno, senza volerlo, questa esperienza ha frantumato alcune sue rigidità.
Così, il vestirsi alla sera in un certo modo, per incontrare a cena gli amici, gli è sembrato stupido e lo ha lasciato cadere.
Ha cominciato, poi, ad andare in ufficio, a Ragusa, con ciabatte e pantaloncini estivi anche a Novembre e la gente si è messa a ridere.

Il suo livello di relazione con le persone è diventato molto più semplice, fluido ed immediato.
”Mi sono sentito più libero” ricorda Marco, perché l’apparenza non è nel modo di vestirsi ma in quello che dici.
E’ stato per lui come uscire da un tunnel e rinascere.
Il tunnel era in qualche modo non riuscire a vivere la sua vita, lasciandosi andare alle correnti.
C’erano una serie di lacci e catene, che Marco si è trascinato da sempre, dall’infanzia all’adolescenza, sino all’età adulta.
Non riusciva ad esprimere liberamente il suo pensiero.
Lui sognava un Marco che potesse dire e fare determinate cose, ma stava lì fermo. Questo stare fermo è durato tanto.
C’era tanta confusione in lui dopo quella separazione. La confusione, poi, a volte crea un vortice, una frenesia interiore che non ti fa capire, non ti fa ragionare e ti porta, spesso, in strade sbagliate.
Quando Marco si ostinava a non aspettare, era quello il momento in cui andava più in tilt e in crisi. Poi è successa una rivolta dentro di lui.
Ha lasciato che le cose andassero come andassero fino a che ha trovato il suo centro, che è diventato la sua calma.
“Ho iniziato a camminare. In alcuni momenti anche a correre” ricorda sorridendo. Ha capito che il cammino fisico e interiore ti lascia più cose. Osservi meglio.
Dopo la separazione dalla moglie e il viaggio in Africa, aveva bisogno di un contatto con le radici. E’ tornato, allora, a casa, nel borgo di Marina di Ragusa, dove è cresciuto e vissuto sino all’età di trentanni.

Appena si è sposato, se n’è allontanato, perdendo degli amici, che non ha visto più. Al ritorno, dopo sette anni, è stato visto quasi come uno straniero. Tutti gli amici erano andati via.
Ogni giorno, per settimane, Marco arrivava in piazza, al termine del suo lavoro, per incontrare qualcuno e scambiare quattro chiacchiere ma non vedeva mai nessuno.
Dopo quattro mesi di questa vita, ha deciso di lanciare su Facebook l’evento della prima camminata sportiva di Mazzarelli, l’antico nome di Marina di Ragusa.
Il 10 Gennaio di un sabato mattina, nella piazza del borgo, si sono presentate, allora, una quarantina di persone a lui in gran parte sconosciute.
“E ora che faccio?” si è detto Marco in quel momento, quasi pietrificato.
Ha motivato l’evento dicendo che per lui era importante il contatto dal vivo e non su Facebook. “Auspico che da oggi in poi ci sia il piacere di camminare insieme e vedersi” ha concluso così il suo intervento.
Da quel giorno del 2015 non si sono fermati più. Le camminate da una sono diventate tre a settimane.
A Marco lo hanno cominciato a riconoscere quando ha inserito su Facebook la sua foto da bambino coi riccioli, non da adulto. ”Ora mi ricordo” gli cominciava a ripetere ognuno. E’ stato divertente per lui.

Quando si è deciso di creare un’associazione sportiva, neppure le quote associative hanno rallentato il movimento. E’ nata così “Siemu a peri” (siamo a piedi), un’associazione di camminatori con un’ottantina di iscritti.
Le camminate aggregano, fanno divertire e permettono di conoscere i propri territori.
Gli scenari sono quelli strepitosi del commissario Montalbano, a piedi dalla sua casa di Punta Secca sino a Marina di Ragusa e i nuovi e splendidi itinerari, che si sono aggiunti naturalmente, tra spiagge, campagne e riserve.
Inizialmente non c’era un luogo fisico dove incontrarsi tutti. Le prime riunioni dell’associazione, allora, si sono svolte in piazza, qualche minuto prima che iniziasse la camminata. “Era questa inizialmente la nostra sede legale” ci dice Marco.
Non c’era un tetto. Tutto era all’aperto e questo a lui piaceva moltissimo.
E quando gli impegni dell’associazione sono aumentati e con essi è arrivata la sede fisica, la prima riunione in questo spazio è stata solo un anno dopo, perché a Marco piace vivere l’incontro nella piazza, che è il cuore del paese.
Molti, al termine del lavoro, ritornavano a casa e si buttavano sul divano in attesa di cenare e poi di andare a dormire. L’idea d’incontrarsi in piazza non solo la domenica, ma anche e soprattutto negli altri giorni della settimana è stata bella.
Anche una piazza può amplificare la propria solitudine, se ci sei solo tu. Ma se decidi di condividerla con chi non si conosce è tutta un’altra storia.
L’estraneità e la diversità aprono completamente al dialogo anche profondo con chi incontri per la prima volta.

Apprendi, poi, tantissimo da persone che hanno sempre delle storie diverse dalle tue e, alla fine, ci stai pure bene, accorgendoti che ti ha fatto proprio bene.
Marco è riuscito a “sdivanarli” e, adesso, lo ringraziano in molti.
Anche le idee veicolano camminando e, soprattutto, quando non cammini da solo. E così a questi camminatori è venuto in mente di riprendere la classica cena di san Giuseppe, che un tempo le famiglie organizzavano nel borgo marinaro in seguito ad una grazia ricevuta.
Da due anni i sessanta soci dell’associazione organizzano questa cena, coinvolgendo amici e parenti e mettendo in circolo tanta bella energia. Nell’ultima edizione Marco ha fatto san Giuseppe.

“Giuseppone lo fai tu” ha gridato Marinella dal gruppo, dopo una riunione a base di focacce.
Era arrivato in piazza senza trovare nessuno. Dopo due anni, si è trovato catapultato di nuovo in piazza, acclamato dalla folla e vestito da santo.