Le Rose, ho dentro talmente tante cose riguardo alle rose, che non so da dove partire.
Intanto, forse, potrei dire che ci sono sia le rose coltivate, ibridate dall’uomo, bellissime, enormi, a volte quasi eccessive, e poi ci sono quelle selvatiche, a cinque petali solitamente, bianche, rosa, rosse. Trovo meravigliose anche loro. Perché se anche le rose da giardino sono sontuose e babiloniche, vengono tutte comunque dalle rose selvatiche, che sono le antenate di tutte le altre.

La creazione di nuove specie di rose è antica quasi quanto l’uomo, così come l’uso dei suoi petali profumati, dei rossi cinorrodi (falsi frutti, sono le così dette “bacche”), delle foglie, delle radici e persino delle galle (escrescenze provocate dalla puntura d’un insetto).
Manco a dirlo è una pianta grandemente multifunzionale: oltre all’indiscutibile bellezza, attira insetti, uccelli, fornisce cibo, medicinali, cosmetici, con i suoi intrichi spinosi crea siepi impenetrabili. Le spine, mi hanno sempre dato da pensare: solitamente non ho simpatia per le piante spinose (ivi comprese le piante grasse) eppure tutta la bellezza della rosa protetta dagli aculei rossicci, mi sembra abbia un suo perché; certo non sono la prima a pensarci, poeti di tutte le epoche hanno cantato l’inscindibile unione di bellezza e crudeltà, ma a me sembra più una prova, puoi cogliere la rosa solo se accetti il rischio di ferirti.

In più, è grazie alle spine se le rose sono rosse: Afrodite infatti, accorsa a soccorrere Adone morente, avrebbe macchiato con il suo sangue i fiori, che prima erano solo bianchi.
A maggio-giugno, quando sono in fiore, io cammino e mi guardo intorno, aspettando di vederle occhieggiare dai giardini, o vado dove so di trovare le macchie di rose canine in campagna, oppure più su, sui monti dove le rose selvatiche diventano di un rosa intenso. Le cerco sempre, e tutte le volte che le vedo (tutte, giuro), sorrido. Non so se sorrido a loro, o a nessuno in particolare, però mi sento più contenta a sapere che ci sono e sono fiorite, che spargono bellezza nel mondo. Mi sa che sono un po’ innamorata.
Forse però non è poi così strano, visto che la rosa è il fiore di Afrodite, la dea greca dell’amore e della seduzione, oppure, possiamo anche dire che la rosa è l’Afrodite dei fiori, l’incarnazione floreale dell’amore. Ci credo che ne sono innamorata, come si fa a non amare l’amore?
Tra l’altro, nell’Iliade c’è una scena in cui Afrodite (che fra l’altro a volte è chiamata “coronata di rose”) cosparge il cadavere di Ettore di olio di rosa: capite? Nell’Iliade! Vuol dire che ripetiamo i gesti di Afrodite, e degli eroi di circa 3000 anni fa abbondanti (e per una classicista, per di più appassionata di piante, questo è già magia). Ma l’uso della rosa viene molto prima di Odisseo, Agamennone e tutti gli amici e nemici, e da sempre è un fiore votivo, usato per fare corone e per ornare statue e templi, un fiore offerto dall’uomo alla divinità, che ha qualcosa di divino. Omero dice anche che Eos, l’aurora, ha le dita di rosa.

Ed era pure il fiore di Venere, di Iside e ancora prima presso i Sumeri (capite? I Sumeri, mica gente dell’altro ieri) era stata portata in patria dal re Sargon I, da una delle sue campagne militari. Per questo re di circa 4300 anni fa, lavorava la prima profumiera di cui la storia ci abbia lasciato il nome, Tapputi-Bellatekallim. Chissà che non abbia usato anche le rose per i suoi antichissimi profumi. Ma la rosa è diventata anche il fiore di Maria, avete presente il rosario, no?
Ma com’è che la rosa è sempre legata al femminile?
Presso alcune culture è la rappresentazione dell’intimità femminea, e quest’immagine mi commuove sempre.
In fine, fra le migliaia di poesie scritte sulla rosa, ce n’è una che ricordo spesso quando le vedo, di Gertrude Stein: “Una rosa è una rosa è una rosa.” Che detta così sembra la peggiore inutilità di sempre, ma a me fa pensare che la rosa è intimamente e inevitabilmente e pienamente sè stessa, con i petali profumati, e le spine pungenti. E non è cosa da poco.