
Michel faceva una vita normale, in Belgio. E’ andato a scuola a studiare, poi ha trovato lavoro e con la ragazza è andato a vivere insieme.
Ha chiuso la trappola, come lui dice, comprando una casa, facendo investimenti, mutuo e debiti. Poi lavori per pagare i debiti e così via. Non si sentiva affatto bene in questa situazione. Ha cercato delle soluzioni e per lui la soluzione era cercare altri tipi di lavoro.

Lavorava in ufficio, quaranta ore alla settimana sul computer come assistente architetto. Accanto, aveva una finestra dove vedeva la vita passare. Conosceva tutta la teoria nel suo lavoro. Voleva andare nei cantieri per imparare la pratica, ma non poteva uscire dall’ufficio, così rendeva poco.
Un giorno ha deciso di fare volontariato nel suo campo. Ha trovato un progetto nel Sud della Francia: una chiesa da recuperare e riusare come museo.
Lì per lui si è aperto un mondo con gente di ogni Paese con la quale condividere il lavoro, lo scherzo e il mangiare. In una parola Michel ha scoperto il divertimento dell’incontro.
Tornato dopo poche settimane al suo lavoro in Belgio, ha chiesto all’organizzazione che aveva reso possibile la sua esperienza francese di farne una ancora più lunga. Lo stordimento è stato molto forte.
Era abituato a stare in ufficio con 3 colleghi che non potevano alzare lo sguardo oltre lo schermo del computer, per non rischiare di essere richiamati dal titolare.
Con quel viaggio Michel ha scoperto che c’era un altro mondo fuori, accanto allo studio, al lavoro per pagare un affitto o pagare un mutuo per tutta la vita e alla pensione per fare quello che vuoi, sempre che ci arrivi alla pensione. Questo è stato il suo primo cambiamento.

Si è subito licenziato
Ha iniziato allora una serie di viaggi all’estero da volontario intervallati, al rientro in Belgio, da lavori saltuari e di breve durata dove ha visto altri tipi di gente, altri tipi di lavoro e altre mentalità.
Non ha scelto l’Italia. Voleva andare in Spagna e in Sud America. Non ha scelto nulla. E’ capitato. Non l’ha pianificato. Anzi, la sua esperienza gli ha insegnato che non si può pianificare nulla. Puoi avere un’idea o un sogno, ma non sai mai dove lo realizzi o finisce.
Prima di partire in Italia per un progetto di volontariato in Toscana, ha imparato due parole italiane: sinistra e destra. Giusto per non perdersi, se chiedeva informazioni per strada.
“Quella casetta che devi aiutare a ricostruire è già fatta” gli dissero appena arrivato sul posto con altri due volontari, un francese e uno spagnolo.

Michel non sapeva più cosa fare, ma era convinto che si può fare il meglio, perché sempre si può imparare qualcosa. C’era la lingua e la cucina italiana da conoscere.
Con un francese e uno spagnolo, però, ha scoperto che non si parla italiano. “E la cucina italiana, fra noi, chi la fa?” si è chiesto, poi, sconsolato.
Ad ogni modo, per sette anni ha fatto così: progetti di volontariato in giro all’estero e brevi lavori in Belgio. Lavorare e viaggiare, viaggiare e lavorare.
Dopo sette anni, ha pensato che non si poteva continuare così, perché diventava stancante anche questo tipo di euforia sino a trasformarsi in una routine noiosa.
“Da dove vieni? Come ti chiami? Che lavoro fai?” gli chiedevano sempre come un disco quasi rotto. A che serviva vedere la torre di Pisa se poi, ritornando in Belgio, non potevi condividere questo ricordo con qualcuno?
In patria, intanto, si chiedeva se il lavoro che svolgeva al momento poteva essere per tutta la vita e dentro di sé la risposta era sempre no.
Ha fatto un corso presso un’agenzia del lavoro locale per capire qual era il lavoro migliore per lui. Il risultato finale ha dato ai primi tre posti le seguenti attività: filosofo, domatore in un circo e tassidermista (cioè tecnico per preparatore di animali nei musei).
Già Michel si vedeva nella sua fantasia tirare in aria, come birilli, degli animali morti in un circo. Ha ringraziato ed è andato via.
Ha iniziato a pensare, allora, cosa faceva allegramente da bambino. Gli piaceva in quel tempo andare nei boschi ed esplorare ogni cosa.
“Andiamo a vedere se c’è in Italia qualche pezzo di terra per me” si è detto cominciando da Domodossola un viaggio di dieci mesi sino ad arrivare in una contrada di Noto, in Sicilia.

Nella sua fantasia, la Sicilia era un deserto, con tanta storia ed archeologia, quasi un dolce da mangiare dopo un lungo peregrinare. Nulla di più.
Appena è arrivato, è rimasto a bocca aperta. Ha trovato acqua, spazio, terra buona e aria pulita. In Belgio c’è poco spazio, troppa gente, troppo rumore, macchine, aerei, troppa luce: puoi leggere un libro per strada di notte, ovunque, illuminato da un lampione.
Nella campagna siciliana è bellissima la notte per lui. Ha visto per la prima volta la differenza tra la luna piena e la luna nuova, che fa buio in cielo e ti fa vedere le stelle.
Vive, ormai, da sette anni, in un bosco di campagna, attraversato da un piccolo corso d’acqua, senza corrente elettrica.
Prima aveva delle candele per leggere di notte. Poi, è arrivato il progresso con una lampada ad olio. Ora ha una lampada Ikea con un pannello solare.
Beve da un fiume di acqua potabile. Acqua viva, meglio che comprarla morta da bottiglie di plastica in viaggio chissà da dove e per quanto tempo.

Vendendo la frutta dei suoi alberi, ricava meno di duemila euro all’anno. “Non c’è nessuno che mi raccomanda” dice. Così, uno che parla quattro lingue è costretto a fare il giardiniere da altri, per racimolare in tutto circa cinque mila euro l’anno, che gli permettono di coprire i costi scambiabili con la moneta. Ha superato così la sua difficoltà di non ricevere uno stipendio a fine mese per il lavoro che svolge.
Ora ha tanto tempo per pensare e anche per leggere (filosofo…). Vuole col tempo realizzare sul suo terreno un turismo che aiuti, a livello più basso, a scoprire che cos’è un carrubbo, un arancio o un albero di noce, e, ad un livello più alto, che cos’è e come si crea la biodiversità nei cinque ettari del suo terreno.

Non se la sente, però, d’imbalsamare ancora il suo cane, che lo segue amabilmente ovunque.
Studiare, lavorare, pagare e morire… C’è sempre, però, un’altra possibilità. Non è la scuola ad insegnarcela, ma la nostra libertà.