Il versante Nord dell’Etna è molto boscoso
Ci sono querce, castagni, pioppi, betulle e, sopra, il Vulcano che guarda ogni cosa. Un paesaggio da togliere il fiato.
Sotto, a settecento metri, due ettari di ulivi e alberi da noce, che hanno scelto di avere come custode Paolo.
Paolo e’ rimasto un ragazzino dentro, ma nel senso più bello della parola. Ha una contentezza semplice e immediata.
La trasmissione della conoscenza, fosse anche una passione, a lui non è stata tagliata come è accaduto a tante persone.
“Sappiamo tutto al contrario” ci dice subito. L’istruzione che tanto abbiamo pagato e tanto ci ha educato, purtroppo, tende ad insegnarci spesso l’opposto di quello che è vero.
Chiamiamola superficialità oppure intenzione a farci sbagliare, ma spesso la verità sta molto indietro, quasi agli antipodi di quello che si sa.
Di fatto Paolo non ha iniziato niente che non avesse cominciato già da bambino, nel senso che lui continua a fare ciò che faceva da piccolo.
Da bambino gli piaceva giocare con la terra, con le pentole della nonna e a fare il piccolo chimico. Da grande è diventato contadino e cucina benissimo.
Il chimico oggi lo fa con le fermentazioni e il vino. “Vivo un momento da scienziato pazzo” ci dice ridendo.

Si ritiene fortunato perché, come dice lui, continua un progetto che ha iniziato nell’infanzia. Una parentesi di esterofilia c’è anche stata nella sua vita, per quattro anni, quando si è trasferito a Bruxelles.
Li’ ha potuto assaggiare la dimensione del cittadino, che paga le tasse, lavora ed è retribuito regolarmente, lui che prima di allora un giorno di contributi pagati non lo aveva mai conosciuto, pur lavorando da quando aveva diciotto anni. Ma non era questa la sua casa e neppure la sua famiglia.
Atterrato di nuovo a Catania nel 2011, è ritornato nella sua campagna a Randazzo, sull’Etna, a settanta chilometri dal cinema più vicino.
La sua idea era prendersi cura del posto. Semplicemente.
C’erano delle parti bellissime con casotti in pietra lavica e un terreno, che non dava e non dà ancora un vero e proprio reddito. “Ma c’è lì un’indiscussa bellezza che va preservata, perché la bellezza si può perdere molto velocemente” precisa subito Paolo.

A volte pensi di realizzare un parcheggio da una parte o il riparo delle macchine dall’altra e hai distrutto una visione.
Lui ha capito perfettamente, senza averlo mai appreso a scuola, che la bellezza non è solo un concetto estetico. Spesso, nasconde un equilibrio. E gli equilibri sono precari. A distruggerli non ci vuole niente.
Bisogna essere bravi a mantenere bello un luogo, perché questo fa bene ad una pianta, ad un animale e ad una persona.
Arrivato nella sua campagna, la principale esigenza di Paolo non è stata quella di produrre reddito, ma tutelare il fragile equilibrio di quel sistema.
Ha avuto da subito, per fortuna, l’intuizione di non sconvolgere tutto, magari con un trattore. Piuttosto ha aspettato, ha osservato e ha cercato di capire, anche perché le energie che abbiamo non sono illimitate.
“E’ necessario questo mio intervento o, forse, se non faccio niente, la Natura fa, comunque, a modo suo?” ha cominciato a ripetersi.
Lasciare, d’altra parte, indisturbato un contesto naturale, che era stato prima coltivato non è sempre la scelta più adatta. Paolo ha superato questo bivio con interventi che promuovono la vita.
Così il terreno, che nel sistema moderno è diventata un’appendice secondaria per le piante, da lui viene curato, mantenuto e allevato in maniera naturale. “Non c’è una via precisa. C’è la strada a favore della vita” ci dice appassionatamente ed è quello che ha scelto di fare, con l’arte di sapersi arrangiare e trasformare quasi in oro quello che, apparentemente, non ha nessun valore.
Paolo vive di poco ma è in assoluta simbiosi con la bellezza smisurata del paesaggio agrario della sua campagna.
Coltivazione, oggi, per Paolo significa dialogo con la Natura, agevolando perfino la vita che ancora non è lì. Spesso non si tratta di quantità di lavoro, ma di tempi di pratiche che vanno fatte semplicemente al momento giusto.

Come dargli torto? Il nostro passaggio su questo pianeta dovrebbe essere una promozione della vita.
Anche la vita insieme è un vantaggio per tutti. Invece, oggi, vediamo la vita con gli altri come un disagio per tutti e la morte come strumento di progresso perfino, secondo lui, con gli oggetti.
E’ il caso della lavatrice. Quando è vecchia o guasta, si chiama un numero. “Con questa logica di morte, vengono, la prendono e lei sparisce” dice Paolo.
Si possono, invece, mettere fuori le cose che non vuoi più e chi le vuole le prende e questa è nuova vita anche con le cose che non sono viventi.
In estate la sua giornata tipo è scandita dal lavoro nelle ore più fresche, dalle 5 alle 9. “Poi ci prendiamo cura di noi e dell’esterno, andando a sbrigare faccende in paese” ricorda sorridente.
Arriva, quindi, il momento del pranzo e poi finalmente, come dice lui, quello della siesta. Non appena l’aria comincia a rinfrescare, riprende le attività serali, dalle 5 alle 9.

5-9,5-9 sembra il segreto della vita.
La sera in estate è il momento per lui più sociale. Non c’è bisogno di aprire casa. Si vive fuori e chiunque passa riceve da lui un bicchiere di vino.
Poteva fare cumuli di cenere Paolo, scegliendo un’esistenza monotona e spesso finta in città. I suoi, però, sono cumuli di vita, raccolti dentro lo spazio antico della campagna col suo ronzio di armonia sempre gioiosamente accanto.