A tre settimane dalla sbarco in terra brasiliana il passare del tempo e il progredire della progettazione ci fanno riflettere sul modo migliore per impiegare il tempo che ancora dovremo passare qui e su come renderlo il più efficace possibile per generare qualcosa che non andrà a svanire appena ce ne saremo andati.
Purtroppo cambiare direzione fa spesso paura e di conseguenza i muri e le resistenze si fortificano per proteggere quello a cui si è affezionati, il che non è sbagliato, ammesso che questo non sia controproducente per i sogni che vogliamo realizzare.
Nel nostro caso stiamo affrontando una serie di difficoltà dovute al fatto che progettare non appare sufficientemente concreto come il costruire, scavare, piantare e riordinare. Di fatto però progettare è fare proprio queste quattro cose. La situazione ci sta chiedendo di dimostrare che per cambiare, per crescere ed evolvere verso l’autosufficienza, la sostenibilità e farlo rispettando la natura e gli esseri viventi prevede che si costruiscano le basi per un’idea concreta, si scavi a fondo nelle paure e nei bisogni per individuare le giuste soluzioni per ogni necessità, così da piantare i semi giusti (in senso fisico e figurato) nel gusto terreno e nel giusto periodo, avendo poi le idee in ordine per non perdere di vista qualunque cosa accada.
Riuscire a dimostrare tutto questo e abbattere i muri che ci separano dall’obbiettivo è complicato da incomprensioni legate alla convivenza e alle diverse esperienze di ognuno, ma lentamente stiamo trovando il modo di valorizzare queste differenze perchè diventino strumento di crescita e progettazione del sogno stesso.
Siamo poi arrivati da poco al doloroso momento in cui si parla di soldi, quelli veri, quelli che fanno la differenza tra primo e terzo mondo e farlo con una valuta a cui siamo in un luogo dove a noi europei, abituati a redditi e spese in euro, il valore delle cose sembra piccolo fino a che ci rendiamo conto che anche i guadagni sono molto piccoli e tutto si riequilibra in un’apparente povertà. Apparente perché in realtà si individua un diverso ordine di priorità nel quale si può mangiare al ristorante con i soldi recuperati in una giornata di lavoro o arrampicarsi su un cocco per raccogliere il necessario per un pranzo tutt’altro che povero, tutt’altro che insoddisfacente.
Quando diciamo che progettare significa piantare i semi giusti è proprio questo: strutturare un modo per cui ogni giorno sono libero di scegliere il ristorante o il cocco senza che l’uno o l’altro debba per forza essere dei ricchi o dei poveri a seconda dei casi.
Nel progetto che stiamo creando qui a Diogo ci piace l’idea che chi ne fa parte possa tranquillamente andare a mangiarsi una buona pizza se ne ha voglia (a pochi chilometri da qui il buon Luca di Bergamo la fa senza dover arrivare in Italia, tranquilli) ma non rischiare che questo tolga spazio alle altre comodità che si cercano in una “fazenda” o che porti a importanti rinunce per motivi economici.
Entro nel dettaglio. Una pizza da Luca costa il corrispettivo di €15 (è più grande e ci si mangia in due) che è esattamente il risparmio sulla bolletta dell’acqua se si evita per un mese di tenere aperti i rubinetti per più di 6 minuti per 5 volte* e fidatevi che prima che cominciassimo a fare un po’ di conti qui i rubinetti aperti per più di 6 minuti si vedevano ben più di 5 volte al mese.
Ecco fatto, pizza garantita. Poi per esperienza personale possiamo garantirvi che anche impastare e infornare offre ottimi risultati di gusto e risparmio.