L’esperienza Sociocratica nella comunità intenzionale Tempo di Vivere

La Comunità intenzionale Tempo di Vivere sperimenta da quasi due anni la Sociocrazia. In questo articolo, un racconto sull'introduzione del metodo, sulle difficoltà incontrate, sui risultati raggiunti, dalla voce del facilitatore e membro interno, Simona Straforin.

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Quando ho incontrato la Sociocrazia ho subito pensato che fosse un segno. Metteva insieme la mia attitudine organizzativa, la mia predisposizione al problem-solving, la spinta dell’agire con tutti quei principi di etica, equivalenza, trasparenza e efficienza che non trovavo nella mia precedente vita professionale e verso i quali ho scelto invece di tendere.

Ho scelto di cambiare vita, di vivere e co-creare una comunità, basata su questi valori e l’ho fatto con appagamento, soddisfazione, senso di libertà, svincolandomi dalle costrizioni gerarchiche, dal senso del dovere fine a sé stesso, riconoscendo finalmente il potere personale mio e degli altri, nell’esplosione dell’intelligenza e creatività collettiva.

cerchio mani socicarazia tempo di vivereNonostante ciò, ogni tanto, pur essendo una comunità di solo 8 persone adulte, ben oliate e funzionali, ogni tanto ho sentito la mancanza di una struttura che ci aiutasse a definire delle linee guida per la nostra organizzazione interna, ho visto i limiti del muoversi a istinto, ho vissuto i rallentamenti e l’impazienza durante le riunioni, ho sperimentato la mancanza di una limpidezza completa e/o di una presa di responsabilità, per paura del giudizio altrui o per personale senso di incapacità, per conflitti sommersi personali o tra i membri del gruppo.

La Sociocrazia mi ha immediatamente aperto mente e cuore

Ha fornito una soluzione ai miei bisogni, rispondendo contemporaneamente al mio obiettivo valoriale.

Ci è voluto poco però, perché io mi scontrassi con le mie paure. Paura nel portare al gruppo una nuova metodica, paura nel ricadere nei miei schemi di rigidità e leaderismo, di diventare o essere vista come impositiva, paura di non essere sufficientemente competente in materia.

Ho avuto bisogno di tempo prima di accettare queste paure e comunicarle, prima di usare i metodi della Sociocrazia stessa per uscire dall’empasse in cui mi stavo mettendo da sola.

Mi sono detta che il metodo e la struttura sono modulari e aperti, che posso scegliere – insieme al gruppo – cosa e come introdurre qualcosa di nuovo. Che ciò che è già funzionale può restare tale e ciò che invece riteniamo poco efficace, può essere sperimentato in maniera diversa.

A piccoli passi, come spesso suggerisco anche a chi facilito nella creazione di obiettivi e strategie

Mi sono detta che la rigidità dello schema non esiste nel momento in cui utilizzo la flessibilità e mi affido con apertura e umiltà al gruppo, alla personalizzazione, a risposte che siano “sufficientemente buone per ora e sufficientemente sicure da provare”. Che ho possibilità di rivedere in qualunque momento ogni azione o decisione, che posso cambiare ogni volta che ce n’è necessità. Nulla è immutabile e tutto è migliorabile.

E mi sono detta che la trasparenza mi poteva aiutare a mettere a nudo con il gruppo le mie paure, i miei bisogni e i miei desideri, così che potessimo affrontare insieme le eventuali difficoltà.

E poi ancora, empirismo e miglioramento continuo stavano alla base anche del mio apprendimento e di conseguenza della mia competenza. La decisione, la strategia o il metodo perfetto non esistono e potevo permettermi di sbagliare, anzi.. praticare e sbagliare è il modo migliore per accrescere in esperienza, trasformare e consolidare buone pratiche.

Quindi, ero pronta a partire!

Ma… da dove cominciare? Come superare quelle che immaginavo essere le resistenze del gruppo, ora che avevo sviscerato e trasformato le mie?

Ho scelto di allearmi. In comunità tendenzialmente facilitiamo le riunioni, sia organizzative sia emozionali, in due.. io e un’altra persona, un counselor. Ho scelto di raccontare di questa mia nuova passione e della possibile introduzione di una nuova metodica proprio a lei, così da farmi sostenere e da affrontare prima in un dialogo a due le eventuali difficoltà del gruppo.

Insieme abbiamo scelto di toccare l’argomento con delicatezza, per non incorrere in lunghe elucubrazioni teoriche e dibattiti senza fine, sulla diatriba assenso-consenso, sulla rigidità dei tempi, sulla possibilità o meno di introdurre nuove strategie.

Abbiamo quindi fatto sperimentare la Sociocrazia al gruppo… “al buio”

Durante una riunione decisionale, per scegliere quale investimento fare e che soluzioni adottare per riscaldare una zona dell’abitazione, abbiamo facilitato introducendo i giri di domande informative e generatrici, giri di reazioni veloci, chiedendo interventi brevi e concisi e focalizzati sull’argomento trattato (distinguendo bene tra lati tecnici e lati emotivi, cosa che normalmente nelle nostre riunioni venivano abbastanza mischiati), abbiamo selezionato una persona che facesse da referente che avrebbe sintetizzato una proposta da rivedere insieme nel prossimo incontro. Il tutto senza definire nulla di quello che stavamo facendo come “passo” di un modello… bensì come fosse frutto del nostro istinto di facilitatori del momento.

Be’.. incredibile a dirsi, un successo inaspettato! La riunione si è conclusa in poco più di un’ora, i commenti finali sono stati entusiasti e hanno rimarcato l’efficienza, l’efficacia di esplorare il tema in maniera più completa attraverso le domande, l’utilità di raccogliere informazioni utili per definire una proposta, lo snellimento del processo nel responsabilizzare una persona sola alla sintesi di una soluzione adatta. Nessuna critica!

Incredibile, non potevo crederci!

Poco tempo dopo, e a seguito di una nuova presentazione divulgativa sulla Sociocrazia a cui alcuni del gruppo hanno partecipato nell’ambito del campo RIVE NUOVI PROGETTI, abbiamo apertamente affrontato l’argomento di introdurre questa metodica nel nostro gruppo.

L’approccio è stato quello di evidenziare prima di tutto le similitudini e le affinità già in corso del nostro gruppo con ciò che la Sociocrazia propone. E’ stato gratificante e incoraggiante riscontrare che molti dei principi e delle buone pratiche che già seguivamo nella nostra organizzazione quotidiana fossero in linea con i modelli sociocratici, dalla divisione in gruppi o ruoli che già – senza una precisa definizione – portavamo avanti, ai principi soprattutto di equivalenza, responsabilità e miglioramento continuo.

Proprio a partire dai principi abbiamo quindi organizzato una serata di confronto sui 7 principi della S3, con facilitazione visuale e verbalista, affrontando la nostra personale visione di ogni principio, per arrivare a una visione condivisa e accettata da tutti. Da questo punto di partenza, abbiamo discusso nel dettaglio di come concretamente ciascun principio poteva essere portato maggiormente nella nostra quotidianità, a migliorare alcune delle dinamiche che ancora rilevavamo come poco funzionali.
E’ stato un lavoro molto interessante che necessita di essere ripreso, aggiornato e verificato periodicamente. Già da quel primo incontro, in ogni caso, siamo stati in grado di concordare su piccoli miglioramenti che ci siamo impegnati a mettere in atto nei mesi successivi.

Non nascondo che ci sono stati alti e bassi, che in molti momenti – soprattutto di frenesia o imprevisti – i vecchi schemi automatici, di risposta istintiva, sono tornati in essere, ma non appena passato il contesto d’urgenza, ci siamo spesso trovati a darci riscontro su questi automatismi, rinnovando l’impegno a modificare alcune delle nostre strategie in maniera più metodica.

Abbiamo inserito per esempio una lista di tutte le attività o gli obiettivi a breve e lungo termine in un archivio cartaceo accessibile a tutti, dividendole in 4 cerchi di competenza:

  1. lavori manuali (manutenzione, cura degli spazi interni e esterni, lavori di fatica);
  2. scrivania (attività legate all’amministrazione, al marketing, alla formazione);
  3. progetti (progettualità a lunga scadenza di varia natura);
  4. cerchi (decisioni da prendere tutti insieme, che coinvolgono l’intero gruppo/progetto).

Ogni cerchio ha avuto un suo gruppo operativo (2/3 persone) e un leader, responsabile di mantenere aggiornato l’archivio e monitorare le scadenze e le assegnazioni se necessarie. Tutte le attività a breve termine (7-10 gg di scadenza) sono state poi riportate su una grande lavagna di passaggio dove i vari referenti aggiornano sinteticamente l’andamento e che permette a tutti i componenti della comunità di essere informati su ciò che è in corso o su eventuali necessità/problematiche da affrontare.

I primi feedback su questo nuovo passaggio sono stati entusiasti

Il gruppo si è sentito maggiormente responsabilizzato e nel contempo supportato dalla trasparenza e dalla possibilità di ricevere o fornire aiuto dove necessario, perché consapevole delle esigenze contingenti di tutti gli altri.

Ho dimenticato di aggiungere che tutte queste proposte di miglioramento sono state decise attraverso la sperimentazione di riunioni con l’assenso, dove io mi sono fatta promotrice delle proposte, le ho illustrate, ho invitato a fare domande di chiarimento e a obiettare o esprimere difficoltà e paure, spiegando contemporaneamente – in maniera sintetica – i passaggi del modello che stavamo utilizzando per decidere.

E’ stato tutto gestito nella maniera più spontanea possibile, senza rigidità (per esempio non abbiamo ancora introdotto un tempo predefinito per gli incontri), e adottando anche metodiche differenti all’interno della stessa riunione, quando questo sembrava necessario.

Tutto questo è avvenuto nell’arco di un anno circa

Con velocizzazioni e rallentamenti alternati. I rallentamenti, in alcuni momenti, mi hanno frustrato e mi hanno fatto pensare che stavo sbagliando qualcosa, ma confrontandomi molto anche con altri facilitatori mi sono resa conto che le mie aspettative di un’introduzione senza intoppi e che fosse digerita e compresa velocemente erano irrealistiche. C’è bisogno di tempo, pazienza, sperimentazione, battute d’arresto su cui confrontarsi e soprattutto tanta comunicazione e trasparenza.

A giugno di quest’anno, la più grande soddisfazione che mi ha fatto consolidare che stavamo procedendo nella direzione giusta, è stata vedere che l’intero gruppo ha manifestato con grande entusiasmo l’interesse a partecipare compatto al Workshop di Sociocrazia 3.0 organizzato all’interno del programma Erasmus+ con Rive, tanto da spingere per candidarsi come location. Per me è stato motivo di orgoglio e estremamente stimolante potermi cimentare sia nel ruolo di trainer difronte al mio gruppo, sia nel ruolo di membro del gruppo potendo sperimentare la pratica insieme ai miei compagni, motivati e motivanti.

Da quel training si è rinnovato in tutto il gruppo il desiderio di diventare pioniere di questo metodo, tanto da spingermi a continuare nella progettualità formativa di questo argomento e da rendersi disponibile per affiancarmi in nuove esperienze divulgative.

Abbiamo infatti pensato di iniziare a divulgare sul territorio serate a tema a vari soggetti, dalle amministrazioni locali, a gruppi spontanei auto-organizzati come le molte realtà associative della nostra zona, a scuole o organizzazioni di formazione.

tempo di vivere casale ecovillaggiIn particolare stiamo progettando di portare la tematica all’interno del gruppo di genitori homeschooler (di cui facciamo parte anche noi, avendo tre ragazzi in educazione parentale) per promuovere tale metodo decisionale e organizzativo proprio ai ragazzi, dai 6 ai 15 circa, nell’ambito di una progettualità che i ragazzi stessi decideranno e si auto-gestiranno, affiancati da uno o più figure di facilitazione.

Insomma, le idee sono tante e tante ne verranno ancora

Il mio impegno nel migliorare la mia formazione come trainer e facilitatore per portare il messaggio a quante più persone possibili, è tanta quanto quella di utilizzare la Sociocrazia nel mio gruppo comunitario.

Ho rinnovato la mia disponibilità a Genny Carraro e al resto dei trainer che si sono formati con me grazie al programma Rive Erasmus + a continuare a progettare e operare perché tali contenuti vengano conosciuti e utilizzati a livello nazionale.

E’ uno strumento che a mio parere può riconciliarci con valori innati dell’essere umano, con la partecipazione collettiva, con il senso di responsabilità per la nostra vita e per la realtà che ci circonda, con il potere personale che è in ciascuno di noi.

Io sono formata anche come Counselor relazionale ad approccio sistemico e anche l’incontro con la Sociocrazia interiore mi ha dato spunti di riflessione e nuovi punti di vista per supportare le persone nel prendere contatto con la moltitudine di voci che agiscono dentro di noi, per trovare un punto di accordo sano e conciliante e un metodo da utilizzare prima di tutto con sé stessi, a carattere individuale e come parte (e ruolo) di un gruppo.

E’ un argomento complesso che meriterebbe un approfondimento maggiore di quanto possa fare in queste righe, ma la conclusione a cui credo fermamente è che la Sociocrazia merita di diventare fruibile! Riconoscerne le potenzialità attraverso la sperimentazione pratica è uno dei punti di ingresso e sviluppo più adeguati a mio parere.

Simona Straforini – Trainer
Tempo di Vivere Aps e Ecovillaggio
www.tempodivivere.it
Email: sociocrazia3.0@gmail.com

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Ex manager della caotica Milano, ex-imprenditrice, consulente di strategia aziendale e formatrice per quasi 20 anni, ha scelto un radicale cambio di rotta all’alba dei 40 anni. Avvicinatasi al mondo delle comunità intenzionali, riconoscendo un profondo bisogno di relazioni autentiche, ha trasformato completamente la sua vita, lasciando la città e trasferendosi in Ecovillaggio, portando con sé tutte le sue competenze e attitudini, ma trasformandole e utilizzandole con valori etici, di equità, collaborazione, sostenibilità. Dal 2014 è membro residente della Comunità TEMPO DI VIVERE sulle colline piacentine. Un ecovillaggio che mette al centro la persona, la relazione con sé stessi, con gli altri, con la natura. Una comune intenzionale, senza proprietà privata e economia completamente condivisa, in cui tutti i membri collaborano a un fine comune, come cellule di un unico organismo. Counselor relazionale con specializzazione in MCR (Metodo di Cambiamento Rapido), esperta di Comunicazione (empatica, assertiva, pnl, strategica), Facilitatrice di gruppi e mediatore di conflitti, Trainer e facilitatrice di Sociocrazia, esperta in strategie e metodi organizzativi.