E’ trascorso un anno dalla pubblicazione di “Permacultura – Manuale di progettazione”, scritto dal padre fondatore della Permacultura, Bill Mollison, e tradotto dall’associazione di promozione sociale MEDIPERlab, il Laboratorio di Permacultura Mediterranea che da Bari, faro del Levante italiano, ha gestito la pubblicazione del libro di testo che accompagna tutti i corsi di 72 ore di progettazione in Permacultura.
Dicevo, è trascorso un anno e credo sia arrivato il momento di tirare le somme e fare luce su alcuni concetti.
E’ un libro importante? Lo è. Il Manuale è lo strumento per appropriarsi di una visione a 360 gradi della ‘progettazione di ecosistemi agricoli produttivi, che abbiano la stessa diversità, stabilità e resilienza degli ecosistemi naturali’.
Dalla complessità apparente di questa definizione si evince come non si tratti di ricavare utili nozioni su come piantare un albero – seppure l’operazione sia di vitale importanza per lo stesso albero che si voglia piantare e per coloro che usufruiranno del servizio reso.
Non si tratta nemmeno di agire con il solo scopo di piantare un albero.
Per dirla con Geoff Lawton, si tratta piuttosto di “piantare ecosistemi”, generarne di nuovi e rigenerare quelli devastati dalle stesse nostre crisi di avidità. Si tratta, in buona sostanza, di ricreare una situazione che serva a molteplici scopi.
Quali? È presto detto. Scopo principale è armonizzare la spiccata dote progettuale dell’individuo, la genialità e la fantasia che si annidano in ognuno di noi, a quelle regole basilari che ritroviamo nell’ecologia del luogo in cui operiamo per integrarla con le esigenze di coloro che quel luogo lo abitano. Tutto questo sotto il segno di sani principi morali, di un’etica, che è la colonna portante di un movimento di portata globale.
Questa etica, con la sua semplice dichiarazione di intenti, si presta a illuminare il nostro operato quotidiano.
‘È evidente ormai che l’unità tra le persone proviene dalla comune adesione a una serie di principi etici. Ciascuno può percorrere una strada diversa, con i propri tempi ed entro i limiti delle proprie risorse, tutti però puntando allo stesso obiettivo, che nel nostro caso è quello di una Terra palpitante, complessa e sostenibile. Chiunque concordi con questa etica, questa filosofia e questi obiettivi, costituisce de facto una nazione globale.
Come fa un popolo a darsi un’etica e perché dovremmo preoccuparci di darcene una?
Gli umani sono esseri pensanti, con un lungo retaggio, testimonianze scritte e orali e la capacità di scandagliare il passato – anche remoto – con un’ampia varietà di tecniche che vanno dalla dendrocronologia all’archeologia, dall’analisi dei pollini alle scienze geologiche. Risulta quindi evidente che comportamenti adottati nei confronti del mondo naturale che inizialmente ritenevamo appropriati, possano rivelarsi dannosi per la nostra stessa società nel lungo periodo (è il caso degli effetti su suolo e acqua dei biocidi).
L’informazione, la riflessione e un’attenta indagine ci forniscono gli elementi necessari per moderare, abbandonare o vietare comportamenti e sostanze che, a lungo andare, minacciano la nostra sopravvivenza. In breve, agiamo per sopravvivere.
Possono così scaturirne norme comportamentali equilibrate e prudenti. È questo processo razionale e consapevole che spiega molti dei tabù delle società tribali.
Dall’esame di una ricca casistica possiamo estrapolare alcune regole, come la REGOLA DELL’UTILIZZO
STRETTAMENTE NECESSARIO – ovvero, lasciare indisturbato qualsiasi sistema naturale finché non ci troviamo nell’assoluta necessità di utilizzarlo – alla quale potremmo far seguire la REGOLA DELL’UTILIZZO CONSERVATIVO – appurata la necessità di utilizzare una risorsa naturale, dovremmo fare di tutto per:
- ridurre gli sprechi e quindi l’inquinamento;
- reintegrare interamente i minerali persi;
- attuare un’attenta gestione energetica;
- valutare le negative ricadute biosociali a lungo termine e attivarci per contenerle o eliminarle.
In pratica, elaboreremo nel tempo modi diversi di rendicontare le nostre azioni. Sono rendiconti di natura economica, sociale, ambientale, energetica ed estetica, tutti necessari per la nostra stessa sopravvivenza.
Riflettere sulle regole di utilizzo strettamente necessario e conservativo può farci gradualmente prendere atto della nostra interconnessione con la natura e di quanto dipendiamo – per la nostra sopravvivenza – dal buono stato di salute di tutti i sistemi. Allargheremo così l’idea egoistica della sopravvivenza umana (figlia di passate carestie e disastri ambientali) a includere quella della “sopravvivenza dei sistemi naturali”. E vedremo per esempio che, quando perdiamo specie animali e vegetali a causa delle nostre azioni, perdiamo anche altrettante possibilità di sopravvivere. I nostri destini sono intrecciati. Questo processo, o uno analogo, si ritrova ovunque si sia sviluppata un’etica generale di cura della Terra.
Dopo averne costruita una, ponderando la migliore rotta per la sopravvivenza, potremo passare alle nostre relazioni con gli altri. Secondo una regola generale della natura, le specie collaborative e le associazioni tra specie che si autosostengono (come le micorrize per le radici degli alberi) creano comunità sane. Non ci resta quindi che risolverci a collaborare e assumere ruoli di supporto nella società, per promuovere un’interdipendenza che dia valore al contributo del singolo piuttosto che a forme di opposizione o competizione.
Noteremo sulle prime che l’aiuto esteso a familiari e amici concorre alla nostra stessa sopravvivenza. Potremo poi passare a un’etica matura che inquadri l’intero genere umano come una famiglia, e la vita tutta come associazioni alleate. La cura degli altri diventerà cura delle specie, perché tutte le forme di vita hanno una comune origine. Sono tutte parte della “nostra famiglia”.
Vedremo come un interesse personale illuminato ci conduca a un’etica comportamentale consapevole e sostenibile. È questa l’etica espressa dalla permacultura. Maturata un’etica, troveremo modi per declinarla nella nostra vita, nell’economia, negli orti e nella natura.’
Bill Mollison è chiaro. Non usa mezzi termini. Entra a gamba tesa su una tematica che va affrontata con questo spirito. Senza ma, se e perché. Va fatto. Punto.
Se riconosci in te un’analoga motivazione, sei tagliato per entrare a far parte di questa famiglia e sei pronto ad accogliere la mole di informazioni che ti aspettano al varco: un corso di 72 ore e altre che verranno, di cui dovrai servirti per poter generare sistemi in grado di assolvere le funzioni richieste.
L’associazione MEDIPERlab ha lanciato il prossimo corso a Torino, dal 4 al 13 aprile, durante le vacanze pasquali.
Il corso è tenuto da Rhamis Kent e tradotto in simultanea da Tiziana Tursi, colei che ha revisionato per noi il Manuale di Mollison. Questa è un’occasione da non perdere. Segui l’evento fb https://www.facebook.com/events/564434067468860/ e scrivici all’indirizzo info@mediperlab per qualsiasi informazione.
Lavoriamo dal 2013 per “piantare ecosistemi” sul nostro territorio e la nostra famiglia è in costante crescita.
Ti aspettiamo, insieme possiamo farcela. Ne ho la certezza.
Ignazio Schettini