Intervista Giuseppe Sannicandro

Marco Matera intervista Giuseppe Sannicandro, progettista e docente di permacultura Agricoltura Rigenerativa, gestione dell’acqua e keyline, food forest, co-fondatore del progetto Naumanni - Permacultura migrante.

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Giuseppe Sannicandro Permacultura
Giuseppe Sannicandro, progettista e docente di Permacultura, co-fondatore del progetto Naumanni - Permacultura migrante

Ciao Giuseppe, ci vuoi parlare un po’ di te? Chi sei? Come sei approdato al mondo della permacultura?

Penso che sia sempre difficile “definire”  una persona, ma se dovessi approssimare per brevità, direi che sono un ecologista. Sono uno di quelli convinti che gli ecosistemi in salute, in armonia dinamica, siano ciò che di più prezioso abbiamo sul Pianeta. Sono convinto che noi umani siamo solo uno dei tanti abitanti di questa famiglia che  vive sulla nostra sfera blu, e che dobbiamo compiere la nostra funzione al suo interno come collaboratori e non come signori e padroni.

Sono arrivato alla Permacultura da un percorso pratico ed educativo all’interno dello scoutismo (lì mi sono interessato alla topografia e alla botanica che oggi uso in keyline design e sistemi agroforestali, per esempio) e da uno teorico etico e politico (ho studiato scienze filosofiche approfondendo l’ecologia in un contesto etico politico e sociale). La permacultura è stata la naturale prosecuzione più efficace di un precedente attivismo che vedevo essere troppo poco incisivo e influire in maniera marginale sui territori e sull’economia.

Giuseppe Sannicandro Permacultura Naumanni
Giuseppe Sannicandro al PDC 2018 presso Casa di paglia Felcerossa, Milo (CT)

Cosa rispondi quando la gente ti chiede “Che lavoro fai”?

E’ una domanda difficile anche se non quanto “Dove vivi?”. Mi occupo di progettazione e diffusione di sistemi (soprattutto agricoli) che lavorino per ripristinare la salute e l’abbondanza di ecosistemi naturali pur fornendo risorse e prodotti utili all’uomo quali cibo, materiali, mezzi economici.

Progetto e un facilito in eventi di formazione per adulti (anche se non so se lo chiamerei lavoro….).

Mi ha incuriosito molto la vostra associazione Naumanni Permacultura Migrante. Ce ne vuoi parlare? Come avete cominciato? Quali sono le esperienze che vi sono rimaste nel cuore? Quali quelle dalle quali avete imparato?

Consideriamo Naumanni come una piattaforma grazie alla quale chiunque si rispecchi nelle etiche e nei principi di progettazione sintetizzati dalla Permacultura possa sviluppare progetti e perseguire la propria “mission”. Naumanni è il nome scientifico del falco Grillaio. Il Falco naumanni si ferma ad osservare prima di scendere in picchiata, migra tra Africa ed Europa, dove fa il nido in alcuni grandi centri storici, pur cacciando nel selvatico e nel coltivato. Avvicina insomma i nostri centri urbani con il selvatico da cui dobbiamo ispirarci per costruire ecosistemi coltivati.

Giuseppe Sannicandro Permacultura Naumanni Migrante

Io sono probabilmente più vicino all’anima migratrice. Angelo e Giovanna sono invece i custodi del “Nido” del falco che si trova a Palombaio (Ba). Al Nido abbiamo un piccolo progetto di microfarm produttiva e didattica, offriamo workshop per adulti e laboratori rurali permanenti per bambini.

Il progetto per nascere ha richiesto una quantità spropositata di pizze attorno alle quali abbiamo sognato, progettato, discusso, per poi fare il passo di prendere in custodia il Nido. Tante persone si sono avvicinate e poi hanno deciso di restare più a distanza, tante continuano a percorrere questo pezzo di strada insieme a noi.

Io ho nel cuore le numerose food forest, movimenti terra rigenerativi e interventi di recupero della fertilità del suolo, che con tante donne e uomini desiderosi di fare la loro parte per ripristinare gli ecosistemi abbiamo implementato. Sono tutti “piezz ‘e core”…

Permacultura Naumanni migrante

Ho nel cuore anche i volti e i sorrisi dei tanti amici che hanno frequentato un workshop e hanno spicconato, tagliato e piantato insieme in un nuovo modo di vivere quello che alla fine considero un piccolo rito di passaggio, che traghetta verso la maturità del prendersi cura della Terra, delle persone, del condividere.

 Al Nido abbiamo avuto tante sfide da affrontare… difficoltà legate alla difficile gestione dei sistemi per me più complicati (non solo complessi), quelli sociali. Credo abbiamo imparato che la vita e i progetti vanno comunque avanti, che fermarsi vuol dire darla vinta alle forze disgreganti e degenerative che pervadono la gran parte della nostra società.

Spero abbiamo imparato che non siamo indispensabili, seppur importanti, e che a volte siamo custodi di un’idea, un sogno, un progetto che in fondo è più grande di noi, e dunque non è solo “nostro”. Abbiamo la responsabilità di creare le condizioni migliori per farlo vivere anche se non ci saremo noi a portarlo avanti.

Ultimamente sono parte anche di un progetto che ha base in Grecia in Peloponneso che condivide gli stessi valori ed obiettivi di Naumanni, The Southern Lights.

The Southern Light Permaculture

Fra le attività di Naumanni Permacultura Migrante ci sono i corsi di Permacultura, Food Forest, Agricoltura Organica e Rigenerativa, e i workshop. Ti va di parlarcene?

I corsi di Permacultura e  i workshop  teorico-pratici di Agricoltura Rigenerativa, gestione dell’acqua e keyline, food forest (meglio sistemi agroforestali), nascono dall’esigenza di tradurre in pratica e pratiche rigenerative, il desiderio di sempre più persone di reinserirsi nell’ecologia del posto in cui vivono e agiscono avendo un impatto positivo su di esso, e non più insostenibile (anche se spesso in modo inconsapevole).

Il mio personale approccio è quello di offrire strumenti tecnici (e non solo ispirazioni) da utilizzare in una strategia del “dipende”. Ovvero una strategia senza preconcetti e ricette preconfezionate, che guarda al contesto e a ciò che di meglio possiamo fare in quel contesto e quelle risorse.

Dall’escavatore dei movimenti terra, alla microbiologia dei preparati di agricoltura rigenerativa, a strati e funzioni di piante dei sistemi agro-forestali, cerco di condividere conoscenze spesso nate in contesti formali o comunque di difficile comprensione, con strumenti non formali, unendoli alla pratica e ad uno spirito conviviale.  

Per chi fosse interessato alle nostre attività, può dare un’occhiata alla sezione corsi in naumanni.wordpress.com

e su facebook alla pagina Naumanni – Permacultura Migrante, nonchè al gruppo Naumanni Permacultura.

Guseppe Sannicandro Food Forest

La scorsa estate hai facilitato un corso di Water Management & Earthworks in Permacultura in Sicilia. Io c’ero e mi sono divertito un mondo. Ci vuoi raccontare come è andata?

A parte un personaggio “fituso” di dubbia provenienza che pare scriva di Permacultura e Transizione…. I partecipanti erano fantastici! Scherzi a parte, ancora una volta mi sono sentito accolto e coinvolto dall’operosità e calore della Rete Siciliana di Permacultura.

Forse i workshop di gestione dell’acqua sono tra i più ostici per la materia “ingegneristica” da trattare e i tanti numeri, in quel caso inoltre, c’erano stranieri a cui tradurre il tutto in inglese (anche le battutte tra il barese e vari dialetti siciliani…), un progetto con una storia ormai consolidata, un enorme lavoro di rigenerazione e di introduzione di piante di cui alcune rare, il Giardino delle Belle del grande Mario Carbone, che da una parte era di estrema ispirazione, dall’altro rendeva la progettazione dei movimenti terra più complessa per non poter posizionare strutture ovunque….

Giuseppe Sannicandro Water management Sicilia

Insomma una combinazione di fattori interessante, considerando l’estate siciliana che non va tanto d’accordo con pala e piccone e teoria… Ma il gruppo è stato incredibilmente compatto e abbiamo lavorato divertendoci (per lo meno io) tutto il tempo, respiravo un clima di grande collaborazione e voglia di imparare (nonostante la tentazione di una piscina troppo vicina). Manuela, Maria Rosaria, Eva, Gioia e Mario non si sono risparmiati nella comunicazione, logistica e nella cucina e sono loro debitore di una splendida esperienza nonché di uno o due chili in più….

Quando vado in un posto dove so che il lavoro si moltiplicherà perché c’è dietro qualcuno che ci crede e che metterà tutto se stesso per rigenerare il piccolo pezzo di mondo che custodisce, l’entusiasmo è ancora più grande, e credo i partecipanti diano ancora di più nel voler contribuire a quella “guarigione” collettiva del territorio. In Sicilia è andata così!

Nel Movimento della Permacultura e della Transizione si usano spesso parole affascinanti, che fanno presa, ma che spesso pochi conoscono il significato. Una di queste è “resilienza”. Ci vuoi dire cosa significa per te “resilienza”? Ci puoi fare degli esempi concreti?

Resilienza vuol dire capacità di reagire a un cambiamento in modo dinamico, senza esserne distrutti o disgregati.

Ad esempio una foresta in salute, che abbia sviluppato molta biomassa e una diversità di microrganismi, se vede parte dei suoi alberi abbattuti da un uragano, non viene distrutta, come succederebbe alla nostra società se di punto in bianco mancasse il petrolio, ma reagisce a quel cambiamento con una ripresa delle successioni naturali partendo da una “banca di semi” enorme che va dalle erbacee agli stessi alberi climax (che vivono più a lungo).

E’ insomma una stabilità dinamica. Allo stesso modo, progettando un sistema cerchiamo di renderlo più dinamicamente stabile possibile, ad esempio in Maremma, al progetto La Martinella, dopo aver piantato una food forest su un terreno sistemato con canali di infiltrazione dell’acqua, le perdite di alberi a causa della gravissima siccità che ha investito la zona l’estate successiva alla piantumazione, sono state irrisorie rispetto ad altri agricoltori nella zona, seppur con sole due irrigazioni di soccorso.

A livello sociale invece, al Nido Naumanni abbiamo dovuto affrontare grossi cambiamenti per l’allontanamento di varie persone in blocco dal progetto sui bambini. Il progetto dopo un momento di destabilizzazione è riuscito tuttavia a trovare gli strumenti e nuovi assetti per ripartire più forte di prima. Il problema è la soluzione insomma… 

A noi piace ridere e scherzare. Molte delle nostre interviste avvengono a cena in una situazione molto gioiosa. Ma proprio quando siamo piegati in due ci scappa la domanda a trabocchetto: secondo te possiamo salvare il mondo?

Prima di tutto deduco dalla domanda che “ci dobbiamo” una pizza e soprattutto un cannolo… 

Riguardo al mondo, non credo che abbia bisogno di essere salvato da noi, è parecchio resiliente. Neanche credo che la cosa più importante sia salvare la nostra specie dall’autodistruzione verso cui la stiamo portando,  il mondo ha fatto a meno e potrà fare a meno di noi “scimmie senza peli” per milioni di anni, come per i dinosauri.

Credo invece che dobbiamo restituire la possibilità al più alto numero possibile di viventi, di avere accesso alle migliori condizioni possibili per prosperare, umani inclusi.

Giuseppe Sannicandro permacultura food forestSogno un mondo dove gli Orangutan possano tornare ad abitare le loro foreste, le querce ad avvicendarsi con i corbezzoli e i pini nel mediterraneo, gli umani possano godere delle terre che abitano senza che ne venga sottratto loro l’accesso da qualche industriale occidentale.

Questo possiamo farlo, sì. Possiamo influenzare un pezzo di mondo e tutti i suoi abitanti in modo positivo, esattamente come fanno i peschi fiorendo e dando cibo alle api.

Guardando al macrosistema devo ammettere che la direzione complessiva non è certamente positiva, inutile ripetere numeri sul caos climatico, consumo di risorse, di terra fertile, diritti delle popolazioni indigene calpestati, migrazioni di uomini e donne  derubati delle loro risorse criminalizzate ecc. 

Ma noi possiamo influenzare un pezzo di questo macrosistema, inceppare il meccanismo distruttivo in isole rigenerative  che si congiungono, innescando cicli virtuosi. Se a livello macro stiamo decisamente peggiorando, è anche vero che sempre più persone si avvicinano all’ecologia come concetto, ora serve dare loro strumenti per tradurre in pratica questi impulsi di giustizia, rendendoli efficaci ed efficienti.

Ok domanda “political incorrect”, lo ammetto. Le nostre interviste sono spesso sui generis e crediamo nel mutuo scambio. Ti va di fare una domanda a Permacultura & Transizione? Risponderemo sinceramente ovviamente.

Voi vi occupate di comunicazione e raggiungete un vasto pubblico di persone che in un modo o nell’altro vorrebbero rendere la propria vita e le proprie attività più integrate nell’ecosistema. Quale pensate sia la strategia e quali gli strumenti comunicativi per dare a queste persone gli strumenti per porre in pratica l’ecologia? Cosa manca insomma per far fare il “salto” dalla tastiera alla pratica a sempre più persone?

E poi, quando facciamo un Sistema Agro-forestale nel terreno di Marco Matera?

La Risposta di P&T:

Personalmente credo nello Storytelling, l’arte di narrare.

E’ proprio raccontando le storie di vita di chi si è già messo in cammino che diamo quegli strumenti alle persone che vogliono mettere in pratica l’ecologia.  Come sai Permacultura & Transizione è un magazine senza redazione in cui i nostri autori sono i nostri lettori, e i nostri lettori sono i nostri autori. 

In questo modo, lasciamo spazio e strumenti a chiunque si voglia raccontare, a chiunque voglia condividere un pezzetto del proprio cammino.

Questo è il nostro modo di integrare invece che separare.

Questo è il nostro modo di portare la permacultura alla gente, e di portare la gente alla permacultura

Per quanto riguarda il Sistema Agro-forestale, ci stiamo lavorando…

Una o più canzoni che hai in mente in questi giorni? E perché?

Spesso mi torna in mente Costruire di Niccolò Fabi… Parla di come  sia così entusiasmante ed eccitante vivere di “inizi”, di progetti quando stanno per nascere, quando li sogniamo e li abbracciamo per la prima volta, e allo stesso tempo come sia invece più complesso il giorno dopo giorno, la costante eroicità di chi costruisce passo a passo, nel silenzio. 

Mi ricorda i miei limiti, in fondo quasi sempre mi occupo di dare lo start a dei progetti, lo scheletro di gestione idrica, il piantare un sistema agro-forestale, un design su carta e su campo… solo raramente entro nella quotidianità del luogo, nel ritmo delle stagioni di quello specifico pezzo di mondo… Mi ricorda l’umiltà del farsi uno con il giorno e notte di una comunità di viventi.

Noi di Permacultura & Transizione sogniamo che dopo ogni articolo, dopo ogni intervista pubblicata si avvii un piccolo processo di cambiamento o un piccola rivoluzione. Ti va di sognare con noi? Cosa avverrà dopo la pubblicazione di questa intervista?

Dopo la pubblicazione di quest’intervista qualche lettore penserà a piantare qualche albero, e questo mi farebbe molto felice. Qualcuno penserà che ha un pezzo di terra abbandonato e maltrattato e si chiederà se non è arrivato il momento giusto di rigenerarlo aumentandone vita e biodiversità.

Giuseppe Sannicandro Sistemi agroforestali

Tanti altri si chiederanno come sarebbe stato essere stati intervistati da Marco Matera davanti a un cannolo siciliano… sarò con loro nello spirito.

E cosa succederà dopo il tuo prossimo corso?

Dopo il mio prossimo corso ci sarà un grande sistema agro forestale in più vicinissimo al centro di Milano che fornirà prodotti a una CSA e spero ispirerà parecchi agricoltori. Poi un rimboschimento a Matera e un’altro sistema agro forestale a Cerveteri, ne espanderemo uno in Sardegna, uno in Toscana, uno in Grecia…
Giuseppe Sannicandro cascinet

Dopo ciascuno di questi eventi in cui si condividono concetti “tecnici” sì, ma sono anche un po’ dei riti di passaggio, spero che tanti e tante portino a casa qualche seme e lo affidino alla terra per moltiplicare l’informazione in esso contenuta in cicli di Abbondanza sempre crescenti.

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