Piove col sole. Ma non un solicello malato e tenue, no, è caldo e luminoso, anche se ormai è ottobre, ed io ne sono contentissima, perché dopo aver passato l’estate fra mura di cemento posso godermi questa tarda estate gentile che inizia a farsi gialla, bruna e scarlatta di foglie.
Da noi si dice che quando piove col sole sono le streghe che fanno l’amore; questa volta dev’essere proprio la regina delle streghe che abbraccia il suo amante per fare il cielo così azzurro, il sole così brillante e le nuvole bianche e pannose da una parte, e grigio-blu dall’altra.

Guardo questo lago così azzurro e penso alla Signora del lago, quella che una volta stava su per la valle, ma arrabbiata con i valligiani, ha rotto la montagna e fatto sì che il lago scendesse ad inondare la conca dove si trova ora. Così raccontava mia nonna, ed io ogni volta che torno qui le rendo l’omaggio di un pensiero.
E’ simile al mio mare il lago, nel colore, ma là in fondo si vede l’altra sponda, e qua dietro c’è il monte Baldo, che si sporge fin sulla costa, e poi, qui non ci sono mai le onde grosse.
C’è una bella pace, un po’ perché questo è un paesino in collina, e un po’ perché piove questa pioggia strana, orfana di nuvole.
Si sente solo il suo rumore. E poi, un ronzio sommesso. Sono le api, tante e dorate, che si affannano intorno ai fiori bianchi di un rampicante che non conosco. Dev’essere una di quelle piante da giardino, magari creata per ibridazione o che viene da chissà dove.

Ogni tanto capita che qualcuno mi prenda per un dizionario di botanica, e mi chieda “E questa cos’è? E quest’altra come si chiama?” indicandomi tutte le piante del creato. E finché si parla di piante spontanee le so, le indovino, capisco almeno di che famiglia sono, di chi sono parenti (ma che poi, a guardarla bene, potrei anche inventarmi dei nomi, tanto che ne sa la gente? Devo ricordarmelo, sarebbe uno scherzo divertente).
Ma quando si parla di piante da giardino sono ignorante, rispondo solo “Non lo so, è una pianta da giardino.” E per me il discorso finisce lì.
Quello che non dico è che sono piante che per quanto belle, spesso mi stanno un po’ antipatiche, che il mio occhio abituato alle selvatiche le trova un po’ stonate. Eppure so che non si può fermare la marcia degli alberi, l’arrivo di nuove piante come di nuove persone, idee, tempi.
Quando ero piccola questo rampicante ignoto non c’era, duecento anni fa i cipressi che coprono la collina non c’erano, come prima ancora le acacie o la vite americana. Fra altri cento forse questo rampicante ignoto, zeppo di api, sarà parte imprescindibile del paesaggio.

E perché no? Se non fa danni alla flora autoctona (che poi, il concetto di autoctonia mi sembra quanto mai aleatorio), e poi i suoi fiori bianchi hanno qualcosa di una sposa.
Capisco le api: queste sono le ultime fioriture prima dell’inverno, bisogna fare scorta, in giro non ci sono che pochi fiori di Mentuccia, Vedovelle dei prati, Centauree e Denti di leone, come in un accenno di primavera .
Mi sembra di ricordare che quando piove le api non volino, eppure ora sfidano questa pioggia di streghe, rada ma con grandi gocce che un po’ smette, un po’ s’intensifica.
E anch’io sto qui sotto all’ulivo a bermi l’ultimo nettare dell’estate, e a immaginare una storia per questi fiori bianchi. Da dove vengono? Mah, diciamo Sud America. E come hanno fatto ad arrivare qui? Forse una signora tedesca ha incaricato qualche giardiniere di progettarle un bel giardino per la casa delle vacanze, che sia fiorito un po’ in tutte le stagioni, tanto la signora è in pensione e quindi può capitare qui in qualsiasi momento.
E così il nostro giardiniere va al vivaio e prende, fra gli altri, un rampicante dai fiori bianchi, ad accrescimento rapido e che crea belle pareti fiorite dall’estate all’autunno. Lo pianta, ma quello mica se ne sta buono lì, ecco che inizia la fuga! Le piante mica puoi tenerle ferme in un posto anche se non hanno le gambe. E allora ecco che seme dopo seme, stagione dopo stagione arriva fin qui, ricopre l’Alloro già coperto di Edera, arriva fin qui dove ci sono io, che lo guardo e fantastico su di lui.

Ma quant’era che non mi sedevo su un prato a raccontarmi storie di piante?
Ah, ma com’è che la Natura ha sempre qualcosa da dirmi, cose da insegnarmi, storie da raccontare?
Bentornata Natura, sono tornata. E che fortuna.