Lo Stramonio è la Strega delle piante!

Sara Elke Carozzo ci parla della Datura stramonium, per gli amici semplicemente Stramonio o Erba del Diavolo o delle Streghe, una Solanacea con fiori bianchi a campanella e frutti spinosi grandi quanto una noce, abbastanza diffusa nei luoghi ruderali.

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Stramonio Sara Elke Carozzo
Foto di Sara Elke Carozzo

L’altro giorno attraversavo il ponte, e guardavo giù. Guardo sempre nel fiume quando passo, poi verso il mare, poi verso le colline.

Passavo, e chi ti vedo nel greto, bella cresciuta e pure fiorita?

Niente meno che una pianta di Stramonio. Ed era Halloween, il che forse vi sembrerà non c’entrare nulla, ma aspettate.

La Datura stramonium, per gli amici semplicemente Stramonio o Erba del Diavolo o delle Streghe, è una Solanacea con fiori bianchi a campanella e frutti spinosi grandi quanto una noce, abbastanza diffusa nei luoghi ruderali.

Sara Elke Carozzo Stramonio
Foto di Sara Elke Carozzo

C’è una ragione se la pianta di stramonio è stata collegata al diavolo e alle streghe

Innanzitutto l’ambiente in cui cresce, in luoghi desolati, spesso in luoghi abbandonati che iniziano appena a tornare allo stato selvatico; inoltre i pallidi fiori bianchi si aprono di notte ed hanno a volte sfumature violacee; anche l’odore è particolare (per ciò in alcune regioni il suo nome è legato a dati olfattivi). Ma soprattutto è velenosa, un bel po’, di quelle che quando sei piccolo e ti dicono così manco le tocchi quando le incontri, sai mai che ti ammazzino solo sfiorandole.

Ho già parlato del fatto che mi sembra che alcune piante lo urlino ai quattro venti “Sono velenosa!”, anche se le vedi per la prima volta, anche se non sai come si chiamano.

Lo Stramonio è così per me, forse solo per il fatto banale che ha i tratti tipici di una Solanacea, e quasi tutte le Solanacee qualcosa di velenoso ce l’hanno. Qualcosa appunto, infatti patate, pomodori, peperoni e melanzane ce li mangiamo senza troppi problemi; spesso solo alcune parti di un vegetale sono dannose per l’uomo (tipo le foglie delle patate a differenza dei tuberi), o solo per un certo periodo (alcuni germogli commestibili, una volta cresciuti diventano tossici), o solo se non vengono lavorate. Spesso il discrimine è solo nella dose. Tipo, avete presente la Digitale, quella che osservava la sorella di Pascoli? Nelle giuste dosi il suo principio attivo è una medicina per il cuore ancora usata, troppo causa l’arresto cardiaco.

Stramonio Sara Elke Carozzo
Foto di Sara Elke Carozzo

In greco antico la parola pharmakon (da cui “farmaco”), designava sia la medicina che il veleno, ma anche il filtro magico, il prodotto della Strega, che era chiamata appunto pharmakis. Mi piace questa parola così ricca di significato, ambivalente, perché in effetti le piante sono tali: non sono né buone né cattive, possono curare come uccidere.

Spesso mi sembra che ci sia una discriminazione tipicamente umana, una dicotomia che non ha però nulla di naturale, applicata anche alle piante: da una parte quelle commestibili, conosciute, sicure, ornamentali, dall’altra quelle infestanti, velenose, non appariscenti. Non riesco a pensare a niente di più antropocentrico: come se le piante fossero buone o cattive solo in base all’uso che ne può fare l’uomo, come se stessero qui per farci favori o dispetti con la loro presenza.

stramonio erba del diavolo
Foto di Sara Elke Carozzo

Ma torniamo al concetto di medicina e di dose

Adesso, al tempo delle analisi di laboratorio, è relativamente facile non eccedere nell’uso di principi potenzialmente pericolosi, ma una volta? E considerate che la quantità di principio attivo in una pianta non è costante, dipende dalla stagione, dal luogo di crescita, dalla chimica del suolo, dalle precipitazioni, dall’epoca di raccolta, dal metodo di lavorazione, conservazione e somministrazione. Inoltre la quantità da usare varia a seconda di età, sesso, peso e stato generale di salute.

Un bel po’ di variabili da prendere in considerazione insomma, un patrimonio di conoscenza empirica non indifferente, che però noi abbiamo quasi del tutto perso. Come?

Abbiamo perso le Streghe

S’è interrotta quella catena di individui che tramandavano questo sapere, acquisito e perfezionato nel corso di millenni di convivenza con le erbe. Abbiamo perduto i guaritori di campagna, gli erboristi, le herbane, donne la cui conoscenza non era acquisita in ambito accademico ma da bocca a orecchio, da mano a mano. Abbiamo perso i canti per raccogliere, le preghiere per domandare alle erbe il loro potere curativo, le storie su come hanno acquistato questo potere, i modi per risvegliarlo.

So che c’era anche una larga componente di superstizione e ignoranza, che la medicina moderna salva persone che in altri tempi sarebbero morte, ma mi dispiace che quel patrimonio di conoscenza sia andato perduto, nel modo peggiore, tramite la persecuzione.

Sara Elke Carozzo Streghe
Foto di Sara Elke Carozzo

Penso alla perizia, alle capacità di queste donne (e uomini) che sapevano maneggiare piante che io manco mi sogno di raccogliere, nel tempo in cui i medici c’erano, ma non tutti potevano permetterseli. Penso al coraggio di queste persone che tentavano di curare il prossimo, ben sapendo che avrebbero potuto essere accusate di averne causato la morte, andando incontro al sospetto, l’isolamento, l’umiliazione, la tortura, spesso la morte.

Lo Stramonio, pur essendo stato importato dall’America nel Cinquecento è una delle piante associate alle Streghe

Benché comunemente si pensi alla caccia alle Streghe come un fenomeno medievale, il suo culmine si ebbe fra il Cinquecento e il Seicento, con strascichi in Europa fin nel Settecento, probabilmente anche a causa del suo effetto: i principi dello Stramonio sono infatti psicoattivi, e c’è tutto un filone di studi che sostiene che il volo notturno verso il Sabba, la riunione delle Streghe, potrebbe essere anche il risultato dell’uso di preparati a base di piante psicotrope come Stramonio, Belladonna, Giusquiamo, Aconito, Mandragora, che nel folklore sono appunto legate alle Streghe.

Il loro effetto può dare l’impressione del volo, come anche altre sensazioni visive, uditive e tattili ma visto che la dose attiva è vicina a quella tossica, bisognava avere veramente una grande padronanza della materia per poterle utilizzare. L’uso rituale di sostanze psicoattive d’altra parte, è conosciuto anche per molte tradizioni sciamaniche in tutto il mondo.

Stramonio Sara Elke Carozzo piante
Foto di Sara Elke Carozzo

Io non userei mai lo Stramonio (chiaramente), mi fa paura; ma mi piace pensare che ci sono state persone che di paura non ne avevano, perché lo conoscevano. Lo Stramonio dev’essere per me un po’ come le Streghe erano per i loro contemporanei: qualcosa che intimorisce per ignoranza, che nel dubbio si preferisce schivare, che può fare bene o male ma non è né bene né male. Quindi ecco cosa c’entra Halloween: passando per il ponte, l’altro giorno, ho visto quella che per me è la Strega delle piante.

Dopo tutta questa pappardella, vorrei precisare (non mi sembra necessario ma non si sa mai) che con queste parole sono ben lungi dall’invitare all’uso dello Stramonio, che ripeto, è una pianta velenosa, che ci potete restare secchi come niente. Abbiate buon senso.

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La prima volta che ho sentito parlare di Permacultura è stato nel 2011: tramite l’agricoltura sinergica sono arrivata alla Tabacca, un progetto in permacultura sulle alture di Genova Voltri. Nel 2013 lascio gli studi di lettere classiche per iniziare a viaggiare in Italia e all’estero, e scoprire possibilità alternative al solito iter studio-lavoro-casa, tramite wwoofing, volontariato e soggiorni in comunità e realtà rurali. Intanto la collaborazione con la Tabacca diventa più stretta, e nel 2016 mi stabilisco per un periodo nelle vicinanze, collaborando con la comunità del luogo e seguendo un PDC. In tutti questi anni porto avanti l’amore e la curiosità per le piante spontanee e officinali, la loro storia ed il loro utilizzo; questo seme prezioso, trasmessomi da mia madre, viene innafiato con gli studi e la vicinanza quotidiana, crescendo con me. Fondamentale è stato anche il percorso svolto con vari gruppi di donne dalle quali ho preso e dato conoscenze, energia, ascolto, comprensione, amore. Questo insieme di cose mi ha portato ad interessarmi oltre che di permacultura, anche di vita comunitaria, autosostentamento e autoproduzione, botanica e storia della medicina naturale e ad un tipo di spiritualità che potrei definire “ecologica”. Le parole con cui immagino il mio futuro sono “comunità”, “autosostentamento”, “natura”, “amore”, “creatività”, “femminile”, “scrittura”.