
A cura di Giovanni Santandrea
Nei corsi di permacultura per dare una prima definizione agli argomenti che verranno poi presentati, spesso si usa una frase di Bill Mollison che in modo sintetico e chiaro afferma: “una cultura umana non può sopravvivere a lungo senza la base di un’agricoltura sostenibile e una gestione etica della terra”.
Questa affermazione Mollison l’ha coniata nella prima fase di sviluppo della permacultura, quando ancora condivideva con Holmgren una visione molto ancorata all’espressione “permacultura uguale agricoltura permanente”.
Quel nucleo primario della permacultura successivamente si è esteso ed allargato, inglobando prima la progettazione delle fattorie agricole, per poi arrivare a trovare applicazioni a tutti gli insediamenti umani.
La sostenibilità totale applicabile ad ogni tipo di attività antropica, ha avuto una conseguenza inevitabile e meravigliosa allo stesso tempo: ha obbligato Mollison e Holmgren ad occuparsi, e intessere connessioni funzionali, tra l’agricoltura e tantissime altre discipline del sapere umano. La progettazione sistemica con gli strumenti offerti dalla permacultura è sostenuta da una visione del sapere umano non separato, ma integrato e integrabile.
Architettura, ingegneria, biologia, ecologia, sicuramente sono state le prime discipline coinvolte.
Ma nel momento in cui si è portato l’interesse agli insediamenti umani, ai villaggi, alle città è evidente quanto fosse necessario un ulteriore salto, arricchendo la permacultura delle competenze specifiche dell’area umanistica come l’antropologia, la sociologia e la psicologia.
L’etica “cura della terra” ha rappresentato l’energia propulsiva iniziale. Le altre 2 etiche “cura delle persone” e “equa distribuzione della terra” sono gli altri pilastri che confermano l’insostituibile ruolo della permacultura umana. Questa integrazione, questa maturità, è stata possibile grazie all’insostituibile contributo di donne quali Robin Clayfield, Starhawk e Looby Macnamara. E questa matrice fortemente femminile forse non è del tutto casuale.
Il libro “People & Permaculture” pubblicato da Looby Macnamara nel 2012, ha segnato in modo definitivo questo salto evolutivo della permacultura in ambito personale e sociale.

Se riteniamo che il mondo che abbiamo creato è il risultato del nostro modo di pensare, possiamo ora parafrasare l’affermazione di Mollison, citata all’inzio, ottenendo questa nuova consapevolezza: “una cultura umana non può sopravvivere senza un equilibrato senso della propria dimensione individuale e la capacità di vivere rapporti umani sostenibili”.
Queste interconnessioni, e come direbbe Bateson “conoscenze transcontestuali” possono essere osservate ad esempio esaminando i 12 principi della permacultura. I 12 principi hanno un’evoluzione interessante. Hanno tutti una forte connessione con le sperimentazioni fatte sul campo. I permacultori ne hanno definiti tanti e poi si sono scelti quelli più significativi.
Perché 12? La permacultura ha sempre mantenuto un grande rispetto per le antiche tradizioni, e il numero 12 ha sempre avuto un significato particolare per gli uomini: 12 sono i mesi, 12 sono i segni zodiacali, 12 sono i semitoni in un’ottava musicale, 12 sono le paia di costole nell’uomo, 12 sono le ore presenti nel quadrante dell’orologio.

Mollison inizialmente definisce quelli che chiama i 12 principi ecologici. Holmgren, a partire dalle intuizioni di Mollison, nel 2004 presenta i sui 12 principi attitudinali, quelli che sono più conosciuti e diffusi. La bellezza dei principi attitudinali è che possono costituire degli ottimi indicatori di corretta progettazione in ambito agricolo-ambientale, e allo stesso tempo contengono una saggezza più che mai adeguata per la verifica di un progetto sociale o di crescita personale.
Vorrei concludere citando una frase di Aranya Austin, autorevole insegnante di Permacultura britannico: “La Permacultura mi ha regalato l’entusiasmo per intervenire attivamente nel mondo. Nel momento in cui acquisiamo questa consapevolezza, modifichiamo radicalmente la nostra percezione rispetto alle capacità dell’uomo di cambiare le cose: dall’incapacità di agire all’entusiasmo di cambiare.”
E’ un’indicazione chiara di quanto l’efficacia della Permacultura sul piano ambientale e dei sistemi viventi, dipenda innanzitutto da un processo evolutivo interiore che ci restituisce la capacità di pensare, sentire ed agire in un modo nuovo nei confronti di noi stessi e delle persone con cui tessiamo relazioni e progetti.