Le api sono animali incredibili!
Così piccole eppur complesse si fondono in un super organismo: la colonia è l’organismo collettivo composto al suo interno da 40/60 mila organismi individuali. Esistono da millenni e sono responsabili dell’impollinazione dell’80% del cibo che mangiamo. Fattori come: sistemi agricoli mondiali distruttivi, urbanizzazione sfrenata e drastica diminuzione degli spazi verdi, introduzione, commercio globalizzato e introduzione dell’acaro Varroa ed inquinamento dell’aria dovuto all’abuso di pesticidi fanno registrare perdite annue di api del 30-40% sia in Europa che negli USA.
Chi meglio delle api può testimoniarci la summa perfectionis dei principi permaculturali?
Dall’osserva e interagisci al non produrre rifiuti, passando per assicurati un raccolto e piccolo e lento è bello. La loro resilienza è stupefacente e mi meraviglio sempre per la loro incessante forza di concentrare risorse limitate, trasformarle con il proprio minuto corpo perfetto ricavando divino miele da ecosistemi pressoché sterili e biodiversità violata.
Le api continuano a nutrirsi e nutrire il pianeta e, cibandosi dell’essenza dei fiori, ci donano vita.
Ma sono molto di più, sono il riflesso delle nostre azioni e del nostro rapporto (squilibrato) con l’Universo. E stanno silenziosamente morendo pagando il prezzo del nostro vorace stile di vita.
Laddove tutto è merce e mercificabile, si è perso il contatto con gli animali e il loro vero scopo nel Pianeta.
Oggi la produzione del miele è diventata sempre più intensiva e meccanizzata, come nell’industria della carne e delle uova, gli alveari vengono trasportati meccanicamente da un luogo all’altro per scopi produttivi o per impollinare monocolture sconfinate dove le api sono già scomparse. Spesso le colonie vengono nutrite artificialmente per stimolare la produzione o per sopperire alle perdite di miele sottratto dai nidi da avidi apicoltori per aumentare i ricavi e altrettanto frequentemente vengono somministrati farmaci e antibiotici.
Va da sé che ciò è del tutto insostenibile e diametralmente opposto al sistema Natura.
Allevare api secondo l’etica della permacultura vuol dire restituire dignità e rispetto ad un essere vivente, lavoratore incessante per la nostra sopravvivenza, considerato divino nelle Ere remote.
Permapicoltura vuol dire imitare ciò che la Natura fa da sé e ridurre al minimo ogni intervento umano, ma vuol dire anche progettazione. Già perché l’arnia Dadant-Blatt, convenzionalmente usata nell’apicoltura produttiva, è stata studiata per ricavare reddito dalle api a scapito del benessere della colonia che nel suo habitat naturale si sviluppa in cavità circolari come i tronchi degl’alberi.

Si preferiscono dunque arnie di forme diverse: Perone, Sun Hive, Top Bar Hive, Warré, queste non hanno telaini, fogli cerei precostituiti o forzature, solo una larga camera per il nido in cui costruire i favi in libertà e autonomia. Ciò permette alle api di svilupparsi secondo le esigenze di ogni famiglia che non può prescindere dall’ambiente in cui si trova.
Autogestendosi, le api non disperdono energia e affrontano al meglio avversità climatiche, patogene ed i periodi di raccolta.
E l’apicoltore? Dopo aver costruito l’arnia e inserito la famiglia/lo sciame, dovrà seguire le stagioni e aspettare almeno 2 anni prima di raccogliere il miele, questo per permettere alla famiglia di raggiungere una stabilità tale da resistere ai saccheggi umani. Nel frattempo ci si può dare da fare piantando fiori e alberi nei luoghi che ci circondano, essendo un esempio e diffondendo alternative concrete alle pratiche quotidiane, offrendo abbondanza e biodiversità alle api per tutto l’anno.