Ciao Stefano, ci vuoi parlare un po’ di te? Chi sei? Come sei approdato al mondo della permacultura?
Sono nato Milano, ho studiato agraria e appena ho potuto sono scappato per andare a lavorare in campagna. Ho cominciato lavorare nel 1982 in un’azienda agricola convenzionale di oltre 500 ha. Venendo dalla città mi sembrava già bellissimo poter lavorare in mezzo alla natura anche se a contatto con moltissimi prodotti chimici di sintesi. Nel 1986 ho incontrato delle amiche che facevano agricoltura Biodinamica e la cosa mi ha affascinato molto. Il rapporto con il suolo, l’attenzione per gli esseri viventi, la ricerca di trovare soluzioni alternative al prodotto chimico erano esattamente quello che in realtà io cercavo.
Ho cominciato a studiare, a ricercare e a mettere in pratica le tecniche di agricoltura alternativa per un sistema più sostenibile non solo dal punto di vista agronomico e ambientale ma anche sotto l’aspetto economico. Partendo dalla conversione di una realtà di 120 ha sono passato a fare consulenze per grandi aziende con la finalità di impostare una gestione di tipo imprenditoriale rispettosa per la terra e per i consumatori dei prodotti relativi.
Nel 2000 mi è capitato in mano un volantino che pubblicizzava il corso di 72 ore presso l’ecovillaggio di Torri Superiore (IM) e senza sapere bene di cosa si trattasse, mi sono iscritto. Devo dire che, di tutto il corso di permacultura che è stato nel complesso meraviglioso, l’aspetto che più mi ha entusiasmato è stato vedere come si possano applicare benissimo i principi di Permacultura anche ad attività non agricole, anzi l’aspetto agricolo è forse il meno importante se vogliamo creare una Cultura Permanente.
Mi ha incuriosito molto La Boa, il tuo sito www.laboa.org. Ce ne vuoi parlare? Come avete cominciato? Quali sono le esperienze che vi sono rimaste nel cuore? Quali quelle da dimenticare.
Nel 2003 ho comprato una proprietà con un rudere su una superficie di 11.500 m² costeggiata da un piccolo fiume. Nel 2004 abbiamo incominciato la costruzione della casa in paglia. L’idea era quella di creare un centro di formazione permanente legato ai temi della agricoltura sostenibile, delle costruzioni in paglia e della Permacultura. Con i soldi a disposizione, abbiamo iniziato coinvolgendo imprese edili convenzionali, la costruzione delle fondazioni, della struttura in legno e del tetto. Purtroppo osservando il lavoro delle imprese specializzate mi sono reso conto di quanto male lavorassero e non curassero minimamente la qualità e i dettagli.
Successivamente grazie all’aiuto di volontari e all’organizzazione di corsi abbiamo realizzato i tamponamenti con le balle di paglia, gli intonaci esterni in grassello di calce, gli intonaci interni e i pavimenti in terra cruda. La presenza di centinaia e centinaia di persone provenienti da tutto il mondo per aiutare con entusiasmo e tanto amore nella realizzazione della nostra casa in balle di paglia, terra cruda e calce è stata un’esperienza unica.
Eventi da dimenticare
Purtroppo a novembre del 2008, a seguito di continue piogge, il fiume è straripato allagando la casa e sommergendo tutta la proprietà. Questa evenienza non era mai capitata negli ultimi 200 anni come accertato dalle indagini effettuate prima dell’acquisto presso il Comune, il genio civile e il consorzio di bonifica competenti. L’evento, che sembrava avere caratteristiche d’eccezione, in realtà a febbraio 2009 si è ripresentato e senza un’eccessiva piovosità.
Abbiamo deciso di intervenire con l’edificazione di un terrapieno al fine di proteggere perlomeno la costruzione. Oltre ai danni causati dall’esondazione del fiume abbiamo così dovuto sostenere i costi per la realizzazione dell’argine il quale però ci ha salvati da almeno una decina di eventi successivi. Fortunatamente le balle di paglia completamente inzuppate di acqua sono riuscite ad asciugarsi perfettamente senza perdere di qualità. I vicini che abitano in case convenzionali, costruite in cemento armato e laterizio, a distanza di anni hanno ancora il problema dell’umidità all’interno dei muri che probabilmente non si risolverà mai.
Un altro evento che ha segnato il nostro percorso
Nel 2015 abbiamo avuto un inizio di incendio dovuto al surriscaldamento della canna fumaria (costruita dall’impresa specializzata…) adiacente alla struttura portante in legno della casa. Fortunatamente il muro in balle di paglia ha impedito che si sviluppassero fiamme evitando così che il fuoco divampasse avvolgendo tutto l’edificio. L’intervento dei pompieri ha messo fine alla carbonizzazione della struttura lignea. Anche in questo caso l’edificio in paglia ha dimostrato di essere più efficiente e sicuro delle strutture convenzionali. Il danno maggiore è stato arrecato dai vigili del fuoco che non hanno risparmiato pavimenti, muri e mobilio… Sicuramente sia dal punto di vista energetico che emotivo questo evento ci ha provato molto.
Fra le attività de La Boa ci sono i corsi di Case di Paglia, Permacultura e Food Forest, ci vuoi spiegare di cosa si tratta?
Presso il centro di Permacultura “la Boa” organizziamo corsi, seminari e campi di lavoro che spaziano dalla Permacultura alle costruzioni in paglia, dalla progettazione e realizzazione di food forest alla gestione dell’orto che io definisco “del contadino pigro”, che coglie spunti dall’orticoltura sinergica, dalla biodinamica, dall’organico-rigenerativa, da Fukuoka e il tutto viene condito con una giusta dose di pigrizia! I partecipanti possono risiedere presso la casa in balle di paglia oppure in tenda propria, campeggiando nei terreni di proprietà. Durante questi eventi, oltre agli insegnamenti e alla diffusione, cerchiamo di creare gli ingredienti necessari per formare una rete. Attivare connessioni tra i partecipanti delle distinte attività nei diversi anni aiuta nello scambio di esperienze, di materiali, di sinergie e di solidarietà.
Essendo il nostro il primo edificio in Italia realizzato con murature in balle di paglia, abbiamo una grande quantità di errori da mostrare a chi vuole capire le tecniche costruttive. Nella parte nuova realizzata nel 2012 invece possiamo mostrare quali sia l’approccio corretto per realizzare edifici in paglia. Noi organizziamo seminari teorici per un primo approccio durante i quali analizziamo tutte le differenti tecniche costruttive con le balle di paglia, vediamo foto delle diverse fasi di realizzo e relativi pro e contro.
Una parte molto importante è dedicata agli errori più comuni che si commettono quando si costruisce con la paglia. Questo è assolutamente il primo passo con il quale tutti gli interessati dovrebbero iniziare. Il secondo è il corso pratico dove insegniamo a lavorare su tre distinte tecniche: un tamponamento, una struttura autoportante e un modulo prefabbricato.
Qualche anno fa, sempre presso la Boa, abbiamo realizzato il primo corso in Italia sulla progettazione e realizzazione di food forest. È questo un sistema che emula quello forestale, realizzabile anche su superfici ridotte e finalizzato a dare un’abbondante produzione di cibo, di legna da ardere, di materiale da cesteria, di legno da opera, di piante mellifere, di foraggio, piante tintoree, officinali, aromatiche e tanto altro.
Grazie all’aiuto dei corsisti abbiamo progettato e poi piantato oltre 500 piante. Ogni anno, come succede normalmente in un bosco, andiamo a integrare con nuove essenze. Siamo partiti da un sistema coltivato ed estremamente semplificato e nel giro di pochi anni abbiamo raggiunto un livello impressionante di biodiversità. La Natura quando è rispettata ci ripaga con la sua generosità!
Io sono un sostenitore della definizione di Permacultura quale ‘progettazione rigenerativa e sostenibile’. Moltissime persone vengono ai corsi pensando di imparare a fare l’orto sinergico e anche molti permacultori sono convinti che ‘prendersi cura della terra’ significhi solo coltivarsi l’insalata e costruire una compost toilette. Se per un lato è vero che la produzione di cibo sia un elemento importante, non possiamo però trascurare la cura delle persone e la condivisione delle risorse.
Dobbiamo rigenerare le relazioni umane e creare un tessuto sociale con connessioni e interazioni positive. Il vero problema dell’umanità non è tecnico, non è produrre cibo, ma trovare un accordo tra persone diverse per cooperare e non competere e poter vivere pacificamente, producendo insieme il proprio cibo. Solo in questo modo potremo porre le basi per un sistema sostenibile. Durante i miei corsi lavoriamo molto anche sui rapporti tra gli individui e dei gruppi.
Oltre alla Boa tu sei stato il il primo Presidente della Accademia Italiana di Permacultura. Ci racconti questa esperienza?
Alla fine del corso di 72 ore a settembre del 2000, abbiamo deciso di continuare a incontrarci per mantenere vivo lo spirito prodotto dal PDC (Permaculture Design Course). Pertanto a novembre dello stesso anno abbiamo avuto il primo incontro a casa mia. Eravamo una decina di persone, provenienti da diverse zone d’Italia, tutte molto lontane tra loro, ma animate da una gran voglia di proseguire in un percorso di cambio e di condivisione.

Dal 2000 abbiamo continuato senza soluzione di continuità a trovarci due volte all’anno in un luogo diverso, cercando di coprire tutte le regioni per portare energia e supporto agli organizzatori locali. Nel frattempo abbiamo continuato a organizzare corsi, presentazioni e conferenze per sensibilizzare e diffondere la genialità della Permacultura. Ogni anno ai nostri incontri si aggregavano nuove persone contaminate ed entusiaste.
Nel 2003 in quattro di noi, con una cerimonia presieduta dall’allora Presidente dell’Accademia Britannica Andy Langford, abbiamo ricevuto il nostro diploma di progettisti in Permacultura e solo nel 2006 abbiamo deciso di essere abbastanza numerosi e motivati per formalizzare il movimento spontaneo in una associazione formale. È nata così l’Accademia Italiana di Permacultura della quale sono stato eletto Presidente; sono stato riconfermato successivamente rimanendo in carica per cinque anni.
Sicuramente i primi tempi sono stati necessari per capire il nostro ruolo e creare un punto di riferimento per coloro che volevano avvicinarsi alla Permacultura. Non è stato facile, tante teste che pensano e agiscono diversamente non sono facili da mettere insieme per raggiungere un obiettivo comune. A momenti di sconforto però si sono alternate grandi soddisfazioni: vedere crescere il movimento e passare da poche unità a diverse centinaia provenienti da tutte le regioni, portare i temi della Permacultura all’attenzione di scuole e università, associazioni e movimenti anche politici.
Pochi anni fa abbiamo anche scoperto, con non poco stupore di essere una delle Accademie più numerose e attive d’Europa, all’avanguardia per il quantitativo e qualitativo di corsi e iniziative.
Le nostre interviste sono spesso sui generis e crediamo nel mutuo scambio. Ti va di fare una domanda a Permacultura & Transizione? Risponderemo sinceramente ovviamente.
Al momento non mi viene in mente nulla…
Noi di Permacultura & Transizione sogniamo che dopo ogni articolo, dopo ogni intervista pubblicata si avvii in Italia un piccolo processo di cambiamento o un piccola rivoluzione. Ti va di sognare con noi? Cosa avverrà dopo la pubblicazione di questa intervista?
Le persone si avvicineranno alla Permacultura con un nuovo approccio: creare relazioni che diano effetti sinergici di condivisione di conoscenze, esperienze ed energia. Tutti cresceremo nella nostra consapevolezza, ognuno con i suoi tempi e modi, senza un meglio o peggio, ma tutti perfetti. Vedremo il mondo con colori nuovi.
I principi permaculturali sono geniali e tutti siamo in grado di cercare soluzioni ai problemi e alle difficoltà, che sono esattamente ciò di cui noi abbiamo bisogno in questo momento e in questa fase della nostra vita. Dobbiamo solo essere presenti e consapevoli.
È troppo ambizioso? Beh, questo è l’effetto che mi ha fatto il mio incontro con la Permacultura!