Questa è la storia di un progetto nato dal basso, che ha visto e vede la partecipazione attiva di coloro che lo hanno fortemente voluto e condiviso, partito dalle esigenze reali dei soggetti interessati: i genitori di varie zone della città e un intero quartiere.
Il progetto è l’Asilo nel Bosco, dove “asilo” assume il significato etimologico del termine [dal lat. Asylum, gr. Ásylon (hierón), prop. “(tempio) dove non c’è diritto di cattura (sìlë)”] di luogo accogliente, un rifugio, per coloro che vogliano frequentarlo, adulti, famiglie, bambini dall’età eterogenea.
Il quartiere è Campi, ex zona industriale, un quartiere degradato di Genova, dal tessuto sociale ormai sfilacciato e perduto.
I genitori sono mamme e papà che si riuniscono per dare vita ad un progetto di riqualificazione ambientale e sociale e fortemente educativo.
Ad aprile 2016, alcune mamme si trovano con un’area boschiva privata a disposizione e decidono di far vivere un sogno: rendere fruibile l’area ai loro bambini.
Il Bosco è in una via privata a qualche passo dall’Ikea, ma le condizioni di degrado della zona sono importanti, in decenni gli abitanti hanno reso l’area una discarica a cielo aperto.
Le mamme non si perdono d’animo – o meglio, si fanno coraggio a vicenda, spinte dal sogno comune, in un’altalena di emozioni – e zappa in mano e bimbi in spalla, con un lavoro completamente volontario, durante il tempo liberato messo a disposizione della collettività, spostano televisori, trascinano materassi, denunciano alle autorità addirittura il ritrovamento di un scooter tra gli alberi del Bosco!! Riempito più volte il piazzale sottostante di sacchi condominiali della spazzatura con tutta quella che soffocava la Natura, lo spazio magico che fino ad allora viveva solo nelle loro fantasie, comincia a prendere forma!
Intanto il gruppetto di mamme si allarga
Si aggiungono alla squadra volontari e gente di cuore che conoscono il progetto su internet e gli abitanti dei condomini, che si affacciano sulla via privata, che vedono nell’opera di riqualificazione una risposta alle loro richieste inascoltate di servizi ricreativi e di socializzazione.
In effetti il quartiere risponde in modi differenti: se da una parte il calore e la partecipazione degli abitanti dei condomini limitrofi ci ha scaldato il cuore e dato una spinta in più per proseguire, dall’altro la motivazione è stata ancora più forte vista la contrarietà di coloro che perseguivano in quella zona attività illegali e che hanno vissuto con fastidio la presenza e il presidio dei genitori e dei frequentatori del Bosco!
Nato dall’istanza di alcune mamme, il progetto prende così una nuova piega e dimensione trasformandosi presto in attività di recupero del territorio (rendendo vivo uno spazio verde a due passi dalla città riemerso grazie al lavoro volontaristico svolto durante il tempo liberato), presidio contro il disboscamento che continua a perpetuarsi attorno a loro, socializzazione (poiché le famiglie che vogliono ritornare alla dimensione naturale e immergersi nel verde del Bosco hanno un luogo dove riunirsi e far vivere la Natura ai propri figli) e primo esperimento genovese di outdoor education, ovvero l’organizzazione di una realtà alternativa che consenta ai bambini di crescere, esperire ed imparare in un contesto differente da quello tradizionale fatto da ludoteche o “spazi morbidi” chiusi tra quattro mura.
In questo contesto di partecipazione attiva e socializzazione trova spazio l’utilizzo dello SCEC, moneta solidale, catalizzatore di circoli virtuosi di solidarietà e partecipazione. Perché quando si ha la partecipazione attiva dei soggetti interessati, quando il progetto è condiviso e voluto, quando parte dal basso, come risposta a necessità reali.. Beh, non c’è bisogno di molti soldi e il denaro rimane lo strumento, il mezzo, non il fine.
L’esperienza di outdoor education prende le mosse dall’esperienza delle scuole nel bosco,
diffuse soprattutto nei Paesi dell’Europa centrale e settentrionale. Il primo asilo nel bosco, infatti, nasce negli anni ’50 in Danimarca, e come principale peculiarità ha lo svolgimento delle attività ludico-didattiche nel contesto naturale e l’assenza di un edificio. Paradossalmente, dove il clima è più rigido, i bambini trascorrono molte più ore all’aperto rispetto ai Paesi mediterranei.
La regola fondamentale che accompagna la nostra filosofia del Bosco è che si cresce nella natura, un Bosco al posto dell’aula, materiale naturale al posto di giocattoli preconfezionati, per stimolare le facoltà immaginative dei bambini, i bambini sono liberi di scegliere l’attività che preferiscono, perfino annoiarsi! Gli educatori e le mamme presenti stanno attorno ai bimbi, possono proporre attività, ma li lasciano liberi, riconoscendosi nella pedagogia dell’infanzia di scuola Montessori e Reggio Emilia dove il bambino è al centro. I bambini, di fatto, ‘imparano facendo’ attraverso diverse esperienze che stimolano la curiosità, l’immaginazione, l’autonomia e la creatività.
Abbiamo organizzato diversi laboratori e sperimentato con infinita piacevolezza il benessere che i bambini vivono a contatto con la natura. “Il rapporto tra uomo e natura – spiega l’educatrice che ha deciso di imbarcarsi con noi in questa avventura – rappresenta un bisogno irrinunciabile che purtroppo oggi viene ignorato. Ma l’uomo è natura e una separazione tra esso e la sua dimensione costitutiva ci sembra non solo innaturale ma anche pericolosa. Ed è vero ancor più per i bambini che necessitano di sfoghi all’aperto, così come di tranquillità, rilassamento e anche di “perder tempo”, magari sdraiati su un prato, perché i bambini hanno bisogno anche di quello. E tutte queste dimensioni possono essere trovate nella Natura”.
Per gestire regolarmente la parte squisitamente burocratica (quale la raccolta di donazioni, la gestione regolare della condivisione dell’educatrice, la richiesta formale dell’uso dell’area boschiva, etc…), le mamme hanno trovato in cooperativa S.a.f.e il soggetto giuridico di riferimento del progetto, anch’esso accettatore SCEC.
Stiamo partecipando al concorso AVIVA per implementare le nostre attività e poter proporre la creazione di un orto condiviso, un buon mezzo per ricreare un tessuto sociale nel quartiere, ma anche un alleato per insegnare ai bambini da dove arrivano frutta e verdura e quanta dedizione ci vuole per riempire un piatto di minestra, implementare l’attività di outdoor education, che – con il raggiungimento di minimo 7 bambini – può diventare un servizio quotidiano in orario da struttura tradizionale al quale poter affidare i bambini con la presenza di professionisti fidati ad un prezzo calmierato dal frazionamento del costo orario e dall’utilizzo dello Scec, e creare un presidio continuo del territorio cosicché un altro quartiere disagiato possa vivere la sua riscossa grazie all’attività di cittadini consapevoli e solidali!!